Con gli anni la prostata si ingrossa, l’inconveniente che più infastidisce è la difficoltà a urinare, lo stimolo a recarsi sempre più spesso in bagno. A questo si accompagna anche una impellente urgenza, quando si avverte la necessità di liberarsi.

Tante altre sono le scocciature legate alla prostata cosiddetta iperplastica: dalle ripercussioni sulla vita sessuale all’intorpidimento che si instaura, dal bacino in giù, quando si sta a lungo seduti. Ne consegue la necessità di ripetere a cadenza regolare i controlli del Psa, un valore del sangue le cui oscillazioni sono indicative di sofferenza della ghiandola. In tutti questi casi il consiglio è di recarsi dall’urologo.

La maturità spinge il maschio con iperplasia della prostata a tentare rimedi estemporanei, dapprima correggendo gli stili di vita partendo dalla dieta (occorre limitare taluni alimenti e bevande), poi assecondando il martellamento della pubblicità, che spinge a cercare sollievo negli integratori. Purtroppo l’ingrossamento (benigno) della prostata è progressivo, inarrestabile. Quando anche complementi alimentari e farmaci risultano insufficienti, ecco affacciarsi altre opzioni (chirurgiche) per limitare il volume dell’organo riconquistando l’autonomia perduta.

Dagli stent temporanei al laser, esiste una vasta gamma di tecniche sviluppate per contrastare l’ iperplasia prostatica benigna, una patologia che colpisce oltre 6 milioni di italiani. Ne soffre il 50% dei maschi tra 51 e 60 anni, il 70% dei 61-70enni, addirittura il 90% negli ottantenni. Ma come orientarsi tra le tante opzioni? Occorre affidarsi al giudizio del medico evitando il fai-da-te o le decisioni prese per effetto dell’emotività. Di terapie ultra mini invasive nell’ingrossamento benigno della prostata si è parlato nel corso del 94° Congresso Nazionale della Società Italiana di Urologia SIU.

“I risultati clinici di queste nuove tecniche chirurgiche sono ancora in fase di validazione, ma la loro efficacia clinica e sicurezza sono già state comprovate – sottolinea Rocco Damiano, direttore del dipartimento di urologia all’università Magna Graecia di Catanzaro –tanto è vero che hanno già trovato spazio all’interno delle Linee Guida per il trattamento dell’adenoma di prostata realizzate dalla Società Europea di Urologia”.

Tra le caratteristiche più importanti di queste nuove tecniche c’è una maggiore capacità di alleviare e risolvere i sintomi rispetto alla cura farmacologica: “L’impiego dei farmaci è di solito la prima scelta di trattamento – avverte Walter Artibani, urologo universitario nel Policlinico di Abano Terme – ma porta con sé effetti collaterali come l’ipotensione o l’eiaculazione retrograda, più un insufficiente controllo dei sintomi che può sfociare in eventi avversi, dal sangue nelle urine a infezioni ricorrenti, fino a calcoli alla vescica. Le tecniche ultra mini invasive, invece, riducono al minimo l’impatto nel post operatorio, in particolare sulle funzioni eiaculatorie”.

Ma in cosa consistono e quali sono queste procedure chirurgiche ultra mini invasive? “Tra le più diffuse – aggiunge Francesco Porpiglia, Ordinario di Urologia all’Università di Torino – c’è anzitutto l’utilizzo di stent intraprostatici temporanei al nitinol (introdotti per via endoscopica, e rimossi dopo 5 giorni), che tramite forze elastiche incidono il tessuto e risolvono l’ostruzione (trattamento i-TIND). Ci sono poi dispositivi permanenti che, come piccoli tiranti, comprimono l’adenoma e dilatano l’uretra, migliorando cosi il flusso dell’urina (tecnica Urolift)”.

Vaporizzazione. Per risolvere chirurgicamente l’iperplasia prostatica benigna, oggi si ricorre a nuove fonti di energia disponibili per la maggior parte dei pazienti affetti da adenoma di prostata di dimensioni medio-piccole, in regime di day-hospital: “Possiamo citare il vapore acqueo ad alta temperatura – spiega Roberto Mario Scarpa, direttore dell’Urologia nel Policlinico Universitario Campus Biomedico di Roma – che viene iniettato per ridurre il volume dell’adenoma (tecnica Rezum). Un’altra nuova fonte di energia è quella del laser: viene sprigionata all’interno della ghiandola prostatica attraverso fibre ottiche introdotte per via percutanea, porta il tessuto dell’adenoma a necrotizzarsi, determinando quindi una riduzione del volume della ghiandola con conseguente disostruzione (trattamento SoracteLite)”.