
Il titolo, come si dice, è tutto un programma, e Un giorno tutti diranno di essere stati contro (Gramma Feltrinelli)...
Il titolo, come si dice, è tutto un programma, e Un giorno tutti diranno di essere stati contro (Gramma Feltrinelli) non tradisce le attese. È un pamphlet urticante, diretto, di sgradevole ma necessaria lettura per tutti quelli – tutti noi – che da venti mesi stanno assistendo a quello che è stato definito “un genocidio in diretta streaming“. Omar El Akkad, giornalista e scrittore canadese di origine egiziana, ha scritto un testo che meriterebbe d’essere letto e discusso nelle Scuole di giornalismo, ma riguarda anche i cittadini comuni, perché attorno all’aggressione israeliana nella Striscia di Gaza dopo gli attentati di Hamas del 7 ottobre 2023 si è formato un sistema di ipocrisie, eufemismi e reticenze che col passare del tempo e il sommarsi delle efferatezze ha tolto alle opinioni pubbliche occidentali quell’aura di civiltà e superiorità che ben conosciamo.
"Per ora – scrive per esempio El Akkad – cavilliamo su come ci fanno sentire certe parole. È una specie di passatempo. Quasi ogni giorno un autorevole opinionista o un esperto di qualche think tank o un portavoce dello stesso presidente degli Stati Uniti si finge scandalizzato di fronte a parole come “genocidio“ e “occupazione“, le trova offensive, denigratore, rozze. Da mesi, praticamente ogni singolo giorno vedo immagini di bambini mutilati, giustiziati, morti di stenti. Corpi in brandelli. Genitori che seppelliscono figli. Con il tempo, non ci sarà nulla di particolarmente controverso nell’usare queste parole per descrivere le cose per cui sono state create". E così via.
Occorre chiedersi se non abbia ragione El Akkad a dire che un giorno ci chiederanno che cosa abbiamo fatto, e mentiremo. O resteremo muti.
Lorenzo Guadagnucci