Mercoledì 24 Aprile 2024

L’ambasciatore francese: "Migranti, economia e difesa: la vicinanza tra Parigi e Roma è la forza per le sfide epocali"

Masset, numero uno di Palazzo Farnese, parla alla vigilia della visita Oltralpe di Mattarella "Il presidente italiano è amato in Francia. Le tensioni? Normale dialettica tra due Paesi molto uniti"

L'ambasciatore Masset

L'ambasciatore Masset

Roma, 4 giugno 2023 – Ambasciatore Masset, la settimana prossima il presidente Sergio Mattarella sarà a Parigi. Che significato ha questa visita per voi?

"I francesi hanno un grandissimo rispetto per la persona del presidente Mattarella che ha sempre avuto l’amicizia italo-francese a cuore – esordisce l’ambasciatore francese in Italia Christian Masset, autorevole conoscitore e estimatore del nostro Paese, dal 2017 numero uno di Palazzo Farnese a Roma –. Ricordo personalmente il suo viaggio ad Amboise nel 2019 per i 500 anni della morte di Leonardo: un momento molto commovente. Così come un altro momento rimasto nella memoria di tutti è stata la visita di Stato del luglio 2021. Il suo prossimo viaggio avviene per un’occasione speciale, la mostra, inedita e splendida, del Museo di Capodimonte al Louvre: sottolineo che è la prima volta che il Louvre apre tutti i suoi spazi per una mostra dedicata a un altro museo".

Una visita, con l’incontro con il presidente Macron, che ha anche un significato politico rilevante.

"La visita del presidente Mattarella anche in questa occasione ha un significato molto importante e dimostrerà ancora una volta quanto siamo uniti dalla cultura e da una comune visione del mondo intorno all’umanesimo. E, dunque, questa visita sarà anche la manifestazione della dinamica molto positiva delle relazioni italo-francesi e della nostra amicizia in un momento in cui sappiamo che siamo davanti a sfide epocali mai viste dai nostri Paesi da decenni e che lavorare insieme ci aiuta reciprocamente perché insieme siamo più forti per affrontare queste sfide".

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Si può ritenere, dunque, che alcune recenti polemiche con il governo italiano, come quelle del ministro dell’Interno Gérald Darmanin, siano da considerare episodi superati?

"La relazione italo-francese è sempre stata attraversata anche da qualche turbolenza. Ma è una relazione antica, intensa, a 360 gradi, che ha grande senso per i nostri due Paesi. In questo momento quello che io posso osservare è una dinamica di forte collaborazione tra Italia e Francia in molteplici campi. La nostra ministra degli Esteri, del resto, era a Roma la settimana scorsa e ha precisato la nostra linea: Italia e Francia sono amici, c’è rispetto reciproco e c’è la volontà di cooperare in particolare in questo momento di cambiamento epocale".

Come si manifesta questa «dinamica di forte collaborazione» tra Italia e Francia? Partiamo dall’economia.

"C’è una complementarità crescente tra Italia e Francia. E questo è anche un effetto della crisi del Covid e degli sconvolgimenti geo-politici legati all’aggressione russa all’Ucraina, perché c’è la spinta ad accorciare le catene di valore e a lavorare di più con i vicini e gli amici. Abbiamo, così, una crescita di oltre il 20 per cento degli scambi commerciali rispetto al periodo pre-Covid (anche in presenza di un Pil sostanzialmente analogo). Nel 2022 l’Italia, che per la Francia era il terzo mercato, è diventata il secondo. Siamo, dunque, il secondo partner l’uno per l’altro e lo saremo anche di più nel futuro. Sono aumentati notevolmente, nello stesso tempo, anche gli investimenti incrociati e soprattutto quelli italiani in Francia. E investimenti vogliono dire partenariati a capacità di lavorare e innovare insieme".

C’è sempre stata la percezione, però, di uno squilibrio, con la Francia a fare acquisizioni in Italia. Siamo di fronte a un riequilibrio?

"Tradizionalmente gli investimenti francesi in Italia sono stati più alti di quelli italiani in Francia ma questo assetto sta cambiando: negli ultimi cinque anni lo stock di investimenti italiani in Francia è cresciuto di più del 135 per cento e nel 2022 l’Italia è stata il Paese che ha investito di più rispetto all’anno precedente in Francia, con un più 45 per cento di progetti nuovi. Oggi l’Italia è il quinto investitore in Francia: tra le ultime acquisizioni, e la cito perché sono marchi noti, c’è Campari che ha acquisito Grand Marnier".

Un altro terreno di significativa collaborazione è quello militare: a che livello siamo?

"Siamo l’uno per l’altro un partner di primo piano per quanto riguarda la cooperazione militare. Una cooperazione che sta crescendo in particolare dalla firma, del giugno 2022, del Documento strategico tra i Capi di Stato maggiore dei due Paesi per sviluppare più interazioni, come quelle tra il Cavour e lo Charles de Gaulle. Di fronte alle sfide geo-politiche in corso, per di più, noi, come l’Italia, siamo a favore di una difesa europea più forte, in complementarità con la Nato. Ma una difesa comune richiede un’industria della difesa europea, come presupposto dell’autonomia strategica. E in questo ambito abbiamo in corso molte attività in comune: dalla joint venture tra Naval Group e Fincantieri (per produrre le fregate Fremm) alle produzioni di componenti a Castellammare di Stabia, fino ai missili Samp-T destinati anche all’Ucraina. Per non parlare della collaborazione civile e militare per lo spazio, con l’alleanza nel campo dei satelliti e delle immagini tra Thales e Leonardo, o delle iniziative insieme nel comparto, critico, dei lanciatori".

Arriviamo al nodo dell’immigrazione e della politica di stabilizzazione nel Mediterraneo: è possibile un’azione comune Italia-Francia?

"C’è stata nel passato una percezione ricorrente di una certa rivalità tra Italia e Francia nel Mediterraneo. Io penso che questa sia una visione che appartiene al passato perché la realtà è che noi siamo l’avamposto nel Mediterraneo e tutti e due i Paesi abbiamo un’alta consapevolezza della posta in gioco, delle sfide, ma anche delle opportunità. E in questo momento ci sono due grandi rischi-sfide che corriamo e che dobbiamo scongiurare insieme: le ingerenze esterne che portano a destabilizzare certe regioni o certi Paesi e l’esigenza dello sviluppo di questa area e dell’Africa".

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Che cosa, dunque, possono fare insieme i due Paesi?

"La prima cosa che possiamo fare insieme è continuare a coordinare il nostro approccio sul Mediterraneo, sulla Libia e sulla Tunisia per cominciare, come già lo stiamo facendo. In secondo luogo, possiamo sviluppare un approccio complessivo nel sostenere insieme all’interno dell’Unione europea - che è il livello adeguato - una politica sull’immigrazione fondata sul controllo delle frontiere esterne, sui rimpatri e sulla cooperazione con i Paesi di origine e di transito per prevenire i traffici di esseri umani perché di questo si tratta".

E per l’Africa? Il governo italiano ipotizza un Piano che ha chiamato Piano Mattei.

"Non potremmo avere uno sviluppo sostenibile e la pace nel Mediterraneo senza avere un partenariato forte con l’Africa. L’Italia lo chiama Piano Mattei, noi lo chiamiamo in un altro modo, ma l’idea e l’obiettivo sono gli stessi e su di essi dobbiamo avere il coinvolgimento forte dell’Unione europea: un partenariato equilibrato con l’Africa innanzitutto su sicurezza e economia".

Possiamo concludere, ambasciatore, con il Trattato del Quirinale: c’era chi riteneva che potesse non funzionare con il nuovo governo italiano. E invece?

"Il Trattato è entrato in vigore a febbraio, è operativo e funziona. I meccanismi previsti sono operativi e la cooperazione tra i ministri e tra i Parlamenti è pienamente in corso. La settimana scorsa, e lo cito simbolicamente, è stato istituito anche il primo consiglio della gioventù per sviluppare il servizio civile italo-francese".

Nessun ritardo e nessuna resistenza, dunque. Arriveremo anche alla partecipazione reciproca dei ministri alle riunioni dei due governi?

"In prospettiva avverrà nell’ambito dello sviluppo dell’operatività del Trattato e al momento giusto anche questa disposizione importante troverà attuazione".