Mercoledì 24 Aprile 2024

Piero Ferrari: "Marchionne come papà, amava le sfide"

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L'esordio della Ferrari a Wall Street

L'esordio della Ferrari a Wall Street

Modena, 26 luglio 2018 - E' il lutto per la perdita di un amico, quello che Piero Ferrari prova per la scomparsa di Sergio Marchionne. Perché a volte capita, nella vita di persone che si incrociano per ragioni aziendali, d’affari: succede, cioè, che alla relazione d’interessi venga a sommarsi un’affinità reciproca. E quando a me accadeva di vederli assieme, presidente e vicepresidente della casa di Maranello, beh, intuivo che tra i due la chimica funzionava.

Marchionne, la famiglia smentisce il tumore. "Il suo cuore non ha retto"

IL RIMPIANTO. Piero Ferrari ha ricevuto bruttissime notizie da Zurigo la settimana scorsa. Era rimasto dolorosamente scioccato.

«E la prima cosa che mi è venuta in mente è stata una banalità – mi ha raccontato –. Eppure è malinconicamente vero. Vede, Sergio per tutta la vita non ha fatto altro che lavorare. Instancabilmente. Intendiamoci, ha avuto un enorme successo professionale ed economico. Ma è sempre stato alla stanga a tirare. E proprio adesso che, finalmente, aveva deciso di godersela un po’ il destino si comporta così...».

Il figlio del Drake, azionista al dieci per cento della Ferrari, legato da un fondamentale patto di sindacato alla Exor degli Agnelli, in effetti era stato tra i primi, poco più di un anno fa, a conoscere le intenzioni di Marchionne. Che gliele aveva rivelate prima di renderle pubbliche.

Sergio Marchionne e Barack Obama nel 2010 (Ansa)
Sergio Marchionne e Barack Obama nel 2010 (Ansa)

«Nel 2019 avrebbe lasciato la guida di Fiat Chrysler per dedicarsi esclusivamente alla presidenza del Cavallino – ha ricordato Piero –. A me faceva piacere, ci saremmo anche visti più spesso, lui stava anche cercando casa nel Modenese. Si vede che doveva andare diversamente, purtroppo...».

Morto Sergio Marchionne. Dagli esordi alla rivoluzione Fca: il ritratto

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INSIEME. La sintonia tra Sergio e Piero si era manifestata e consolidata quando, nell’autunno del 2014, il manager aveva deciso di sostituire Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza della Rossa. Una mossa brusca, non giustificata soltanto dalla scarsa empatia, per usare un eufemismo, tra Marchionne e l’avvocato. C’era sullo sfondo di più, molto di più: il progetto di quotare la Ferrari in Borsa. Una operazione che, anche per motivi romantici, non piaceva a tutti.

Fu allora che Piero mi concesse una intervista per smontare tanti luoghi comuni. «Premetto che io il mio dieci per cento non lo venderò mai, qualunque sia il valore del titolo al listino – mi disse –. E posso tranquillamente affermare che di sicuro non è vero che mio padre Enzo si sarebbe opposto all’idea della Borsa. Semmai è vero il contrario, a papà piacevano le sfide e per questo gli sarebbe piaciuto anche Marchionne, che non ha mai paura di alzare la posta in palio se individua un obiettivo».

Pochi mesi dopo, Sergio Marchionne e Piero Ferrari erano insieme a suonare la campanella a Wall Street, per il debutto della Signora in Rosso sulla piazza più prestigiosa della finanza internazionale. Quella è stata l’Ipo di maggior successo degli ultimi anni, replicata con analoga fortuna anche sul mercato di Piazza Affari. E in coincidenze con le turbolenze finanziarie recenti, legate proprio alla fine tragica del presidente, in Borsa la Ferrari, dopo aver più che raddoppiato il suo valore, proprio ieri per la prima volta nella storia ha superato la capitalizzazione dell’intera Fca. Un miracolo italiano. Frutto, anche, di una amicizia che è stata più forte del pregiudizio.

The New York Times
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