Mercoledì 24 Aprile 2024

Me Too, avance e ricatti al lavoro: vittima una donna su due. Ma quasi nessuna denuncia

Dall’indagine Cisl emerge un problema diffuso nonostante le campagne di sensibilizzazione. L’avvocata: "C’è una consapevolezza maggiore, però prevale la paura di perdere il posto"

Una manifestazione contro la violenza sulle donne

Una manifestazione contro la violenza sulle donne

Milano, 25 gennaio 2023 - Il movimento Me Too, quando correva l’anno 2017, squarciò il silenzio sulle molestie sessuali subite dalle donne, nel mondo del cinema e poi negli altri luoghi di lavoro. Cinque anni dopo, con in mezzo la pandemia e il ricorso massiccio allo smart working, le donne continuano a subire abusi che restano nell’ombra. Ad avance e ricatti da parte di datori di lavoro o persone con un ruolo superiore nella scala gerarchica dell’azienda si sono aggiunti anche i messaggi osceni o allusivi su WhatsApp, divenuto il primo strumento per tentare gli approcci. Un quadro sconfortante che emerge da una rilevazione realizzata dalla Cisl Lombardia, nel corso del 2022, su lavoratrici di diversi settori, attraverso un sondaggio distribuito in fabbriche, negozi e uffici della regione. Sono seimila le donne che hanno partecipato all’indagine, e il 44% ha dichiarato di aver subito molestie o di "esserne stata testimone" nel corso della sua vita lavorativa. Il 50% del campione, inoltre, ha affermato che nei luoghi di lavoro "manca una sufficiente consapevolezza in merito a questo tema".

Risultati "drammatici", nonostante le campagne e le iniziative di sensibilizzazione portate avanti negli ultimi anni, che si sommano agli altri problemi finiti sotto i riflettori, a partire dal gap salariale: il 70% delle lavoratrici lombarde guadagna meno del partner, e il 60% manifesta una "insoddisfazione economica" che va di pari passo con l’aumento del costo della vita. Le molestie sul lavoro vengono dichiarate quando la vittima è protetta dall’anonimato di un sondaggio, ma sono ancora pochissimi i casi che vengono denunciati a carabinieri e polizia o finiscono sul tavolo dei sindacati. A livello nazionale, secondo gli ultimi dati Istat, sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nell’80,9% dei casi non ne parla con i colleghi. Quasi nessuna ha denunciato alle forze dell’ordine: appena lo 0,7% delle vittime di ricatti nel corso della vita. Un dato che si riduce ulteriormente se si considera chi ha poi effettivamente firmato un verbale di denuncia, il 77,1% di chi ha dichiarato di essersi rivolto alle forze dell’ordine. Le motivazioni più frequenti per non denunciare il ricatto sono la "scarsa gravità dell’episodio" (27,4%) e la mancanza di fiducia nelle forze dell’ordine o la loro impossibilità di agire (23,4%).

"Il movimento Me Too e tutto quello che è seguito hanno portato a un cambiamento della mentalità, le donne hanno una consapevolezza maggiore e le aziende hanno capito che la presenza di un molestatore è anche un danno per la produttività", spiega l’avvocata Tatiana Biagioni, presidente dell’Associazione Giuslavoristi Italiani (Agi) e consulente del dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio. "Il problema è che le molestie non sono diminuite – sottolinea – e le donne hanno gli stessi timori a denunciare, perché non si sentono protette e hanno paura di perdere il posto di lavoro. Fra i casi che sto seguendo sono sempre di più quelli di molestie iniziate attraverso contatti telefonici, con messaggi espliciti o foto oscene inviate su WhatsApp, anche dal telefono aziendale".

La psicologa Federica Piacenza, che collabora con la Cisl di Milano, è in prima linea per "ricucire i pezzi" quando una donna subisce molestie, mobbing o soprusi sul luogo di lavoro. Fenomeni che spesso si intrecciano tra loro. "Arrivano da noi persone devastate – racconta – che nella maggior parte dei casi hanno già perso il posto di lavoro, dopo aver resistito per mesi come guerriere. Avvertono malattie psicosomatiche, depressione e ansia, a volte necessitano delle cure di uno psichiatra. Il problema è la prevenzione, intervenire quando la situazione non è ancora compromessa". Roberta Vaia, della segreteria milanese della Cisl, mette sotto la lente una delle falle del sistema. "Il molestatore andrebbe allontanato dalla vittima – spiega – ma nei contratti collettivi dei vari settori non è ancora prevista una sanzione disciplinare per chi si rende responsabile di molestie o di mobbing. Questo, nonostante tutte le parole e le iniziative, rende difficile innescare un vero cambiamento".