Giovedì 25 Aprile 2024

Viva Sanremo Purché a misura di karaoke

Giorgio

Comaschi

Sanremo è Sanremo un corno. Sanremo siamo noi, tutti i fine settimana, quando si esce la sera, si va a cena. Il fenomeno si chiama “karaoke“, partito piano piano ma ora dilagante. Non c’è ristorante, trattoria o pub dove non scatti il Sanremo dei poveri. Si giubila già all’idea, ci si prepara un po’ e, per cinque minuti, siamo Mina, Battisti, Battiato, Anna Oxa, Lucio Dalla o i Pooh. Le donne, parliamo sempre di over 40 naturalmente, si dimenano come sanguettole, gli uomini invece diventano seri e si atteggiano in espressioni concentratissime, alla Mino Reitano. Un fenomeno. È lì che si gioca Sanremo. Ma attenzione. Le canzoni sono quelle vecchie, non quelle di oggi. Negli ultimi cinque anni di Sanremo (ma forse di più) non c’è uno straccio di canzone “da karaoke“. Invece quando parte Maracaibo, o Gli anni degli 883, o Io e te nell’universo di Mia Martini, o L’isola che non c’è di Bennato è un trionfo. Chi canta la canzone vincitrice di Sanremo degli ultimi cinque anni? Nessuno. Il classico dei classici è Alba Chiara di Vasco. Il "respiri piano per non far rumore…" Spesso è una partenza agghiacciante, fuori tono e fuori tutto, vocine flebili e tremanti di impiegate o di avvocati a cui seguano i "Ma nooo!!", e le urla terrorizzate dei presenti. Ma è quello il divertimento. C’è il bravo e c’è il brocco, c’è l’intonato e lo stonato. E finisce quasi sempre in tutti che ballano, che scuotono le terga e che ondeggiano. Con Ohi vita, o Romagna mia, o Azzurro fino a Volare e a Sole mio. Sanremo sarà anche Sanremo, ma il karaoke è il karaoke. E si vince tutti. Bastano due lustrini o una cravatta allentata. E senza Amadeus.

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