Mercoledì 24 Aprile 2024

Viaggio nel mondo di Nino Migliori

Il film di Elisabetta Sgarbi su uno dei grandi fotografi italiani. La vita, le opere, l’officina di uno sperimentatore

Migration

di Silvio Danese

A novantasei anni, circondato dai suoi Caleidoscopi, Lucigrammi, Chimiografie, Ossidazioni, Clichès Verres, ma anche dalle materiche fotografie (neo)realiste anni Cinquanta, Nino Migliori affida tutto il suo tempo a un primo piano del volto, nel film che Elisabetta Sgarbi gli ha dedicato (ieri nella sezione Freestyle della Festa di Roma), rompendo poi quel primo piano con la meraviglia delle opere: come se il cinema potesse in fondo sfidare l’enciclopedia dell’esistenza, i Millenni e i Meridiani editoriali, e contenere il "tutto" di un artista.

Bolognese del Novecento, ancora oggi nel suo studio tra lampade e lastre, ricercatore delle conseguenze della luce come diremmo "le conseguenze dell’amore", Migliori ci racconta decenni di sperimentazione dal suo volto in punta di vita come dalla sua voce, una voce appena presa dalla incredulità dell’artista sul suo patrimonio (ecco quel che ho fatto, ma anche: che cosa ho fatto?).

Per questa via risulta centrato, diretto, e dunque coinvolgente, lo sguardo a ritroso a partire da quel primo piano mentre l’incontro con le sue opere viene subito sfalsato dall’autore che le contempla a lato e addirittura le fotografa, un’idea di regia di semplice concettualità, tanto per stare anche dentro la “filosofia“ di Migliori. "È la storia di un film mio e non mio – dice la regista – È un film su Nino Migliori che, da subito, sfugge di mano e diventa un film di Nino Migliori".

Non è proprio così... In realtà, come succede nei film di Elisabetta Sgarbi dedicati a un autore e alle sue opere almeno dai tempi di Il pianto della statua (2007), la ricerca dello sguardo “giusto“ sull’opera d’arte diventa uno sguardo personale molto forte, implicato e nello stesso tempo indipendente, come è inevitabile che sia se “l’uomo con la macchina da presa“ cerca l’azione dell’opera d’arte.

In questo nuovo lavoro prodotto da Betty Wrong, che richiamando il celebre romanzo di de Maistre s’intitola Viaggio intorno alla mia stanza, c’è un evidente impostazione, come dire, operistica: da concentrato e colto eclettico, il polistrumentista Mirko Mariani si deve essere divertito un sacco a variare e parafrasare diverse zone del novecentismo musicale, entrando a volte da protagonista tra Sgarbi e Migliori.

D’altra parte, Migliori si porta proprio dietro l’idea di un laboratorio libero e personale che lavora quasi sentimentalmente sull’avanguardia storica e insieme la cancella nel suo originale gesto artistico. Ci sarebbe un po’ di malinconia in tutto questo, nel ricostruire e addentrarsi nelle opere di Migliori, nel loro tempo: è la malinconia che può insorgere pensando allo iato cresciuto e crescente tra arte e società nei nostri anni. In questo senso è davvero un film di Nino Migliori.

Certo, poi l’arte si prende sempre, proprio sempre, la sua posizione fondamentale...

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