Giovedì 25 Aprile 2024

"Siamo ancora i Baustelle e puntiamo sul rock"

Esce ‘Elvis’, il nuovo album della band. Francesco Bianconi: "Io e Rachele abbiamo fatto altre cose, ripartiamo pensando a Presley"

I Baustelle

I Baustelle

“Love me tender“. Diceva il Re del rock, citando il testo di Without a song, che senza le canzoni il giorno non finirebbe, l’uomo non avrebbe amici, la strada non curverebbe mai ed è quello il motivo per cui continuava a cantarne. Un po’ l’idea che accompagna i Baustelle nell’intitolare proprio Elvis l’album del ritorno, in uscita venerdì, convinti che la canzone sia ancora "la forma di aggregazione più facile". "Avevo Elvis in testa già dai tempi dei due capitoli di L’amore e la violenza" spiega Francesco Bianconi, contitolare della ditta assieme a Rachele Bastreghi e Claudio Brasini. "Pensavo che dopo un’esperienza ‘sintetica’ come quella, avremmo dovuto essere un po’ più rock. Poi ci siamo fermati, sia io che Rachele abbiamo inciso dischi d’altra natura, ma il desiderio di chitarre e di band è rimasto".

Presley rappresenta quello...

"Sì, ma nella mia mente la figura di Elvis si associa anche all’immagine decadente dei suoi ultimi anni. E trovo la cosa in linea con un mio modo di raccontare personaggi minori. All’inizio l’idea era quella di fare il ritratto di un Elvis sfigato di provincia in ogni canzone, andando a comporre una galleria di perdenti. Il primo brano, Gran Brianza lapdance asso di cuori stripping club, è nato in quell’ottica e racconta la storia di un ragazzo di paese che si innamora di una ballerina dell’Est. Alla fine, però, la scelta s’è rivelata limitante e tutta questa parte del progetto è andata a farsi benedire".

Perché "Milano è la metafora dell’amore", come dite nel singolo?

"Avevo voglia di scrivere una canzone su Milano, perché l’ho scelta come centro della mia vita. La città aveva fatto capolino in testi del passato come Romantico a Milano in cui descrivevo caricaturalmente le mie sensazioni di provinciale trasferito nella metropoli, un po’ fredda e inospitale. Quella di Totò, Peppino e la… malafemmina, per capirci, con la nebbia, la gente distante, grigia".

Nell’incedere di marcetta ricorda un po’ i Beatles.

"Come All you need is love e altre canzoni percorse da questa vibrazione positiva, dietro il ritmo shuffle di marcetta, è un pezzo di resistenza. La città è un’oasi. Basta vedere quello che vota la gente alle elezioni qui e altrove, come sottolinea il verso “da sola contro un mondo di fascismo e squallore sta…“ Ma racconto pure di un tossico che dorme in Piazza Cincinnato…"

"Il giorno è morto e nessuno lo sa" dice Los Angeles.

"Tutti sanno che il mondo sta prendendo una deriva preoccupante, ma nessuno ne parla. Oppure nessuno se ne accorge. Come diceva Dylan in Not dark yet, il buio sta arrivando e bisogna arrivare in Paradiso prima che chiudano la porta".

Il pezzo cita anche la guerra in Ucraina.

"È una collocazione temporale. Stavo scrivendo la canzone proprio quando sono iniziati i bombardamenti e ho parlato pure di quello. Questo è un istant-album. I testi li ho scritti tutti di getto, in un mese".

Ne Il regno dei cieli c’è pure un finale gospel.

"Elvis è un disco diverso per i Baustelle anche perché dentro ci sono per la prima volta degli stilemi appartenenti a forme musicali americane, provenienti dal blues, che non avevamo mai usato prima. C’è un coro gospel, un assolo di sax, un piano boogie. Da noi Zucchero, Lucio Battisti, Pino Daniele hanno fatto le cose importanti in questa direzione, ma il seguito non è stato poi troppo".

Il 29 aprile parte da Nonantola un tour nei club, tutto esaurito, a cui ne seguirà uno estivo.

"L’idea è quella di un concerto un po’ più rock e suonato del passato. Un po’ come quelli degli Stones nel ’73. Avremo una nuova formazione: oltre a noi tre ci saranno un altro chitarrista, un bassista, un tastierista e una batterista, la seconda donna dei Baustelle".

A Sanremo siete stati ospiti dei Coma_Cose. E Sethu ha portato come cover la vostra Charlie fa surf.

"Una partecipazione elegante, minima, fatta con divertimento. Anche se io continuo a non sentirmi adatto a quella cosa lì, fa piacere vedere che, seminando bene, a volte se Maometto non va alla montagna è la montagna ad andare da lui".

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