Lunedì 28 Luglio 2025
REDAZIONE MAGAZINE

Lo scioglimento dei ghiacciai sta risvegliando i vulcani

L’ennesimo, catastrofico, effetto dei cambiamenti climatici è stato evidenziato da uno studio presentato alla Conferenza Goldschmidt di Praga, che riunisce ogni anno i migliori esperti in geochimica di tutto il mondo

Un vulcano attivo in Islanda

Un vulcano attivo in Islanda

Il ghiaccio delle vette si scioglie e di riflesso la Terra potrebbe diventare ancora più incandescente in profondità. Un recente studio presentato alla Conferenza Goldschmidt di Praga, il principale appuntamento mondiale di geochimica, ha acceso i riflettori su un preoccupante fenomeno: lo scioglimento dei ghiacciai, causato dal cambiamento climatico, potrebbe innescare un aumento dell’attività vulcanica in diverse regioni del pianeta.

Il caso-modello delle Ande

Nel sud del Cile un team dell’Università del Wisconsin-Madison (Usa) ha analizzato sei vulcani delle Ande, inclusi quelli presenti nel massiccio Mocho-Choshuenco. Utilizzando tecniche di datazione all’argon e analisi mineralogiche, è stata ricostruita la storia eruttiva di questi vulcani per metterla in relazione relazione con l’avanzamento e il ritiro della calotta glaciale patagonica nel corso dei millenni.

Gli scienziati hanno constatato che durante l’ultima era glaciale, tra i 26.000 e i 18.000 anni fa, la spessa copertura di ghiaccio limitava le eruzioni vulcaniche, favorendo invece l’accumulo di grandi riserve di magma ricco in silice a 10-15 chilometri di profondità. In seguito, quando i ghiacci iniziarono a sciogliersi rapidamente, la riduzione della pressione sulla crosta terrestre permise ai gas presenti nel magma di espandersi, aumentando la pressione interna fino a provocare eruzioni esplosive. Questi eventi non solo generarono nuovi vulcani, ma modificarono profondamente il paesaggio geologico delle Ande.

Le zone della Terra più a rischio

Come spiegato dal geologo Pablo Moreno-Yaeger, principale autore dello studio, i ghiacciai agiscono come un "coperchio" che sopprime le eruzioni. La loro ritirata, però, può trasformare vulcani dormienti in potenziali fonti di attività esplosiva, con gli effetti indotti dal surriscaldamento terrestre che potrebbero quindi innescare una pericolosa “reazione a catena naturale”.

Fenomeni simili sono già stati osservati in Islanda negli anni Settanta, ma secondo i geologi alla luce degli attuali cambiamenti potrebbero replicarsi anche in Antartide, nel Nord America, in Nuova Zelanda e nella Russia asiatica. Da qui l’invito a monitorare le regioni glaciali sfruttando la tecnologia per mettere a punto efficaci sistemi di allerta.

Un esplosivo circolo vizioso

Lo studio sottolinea anche un possibile effetto a doppio taglio: mentre eruzioni singole possono temporaneamente raffreddare il clima terrestre attraverso il rilascio di aerosol (minuscole particelle che riflettono i raggi solari, fungendo così da schermo), una sequenza di eruzioni può invece portare a un aumento dei gas serra, alimentando il surriscaldamento globale. Si crea così un circolo vizioso: il cambiamento climatico fa sciogliere i ghiacci, che a loro volta possono attivare i vulcani, contribuendo ulteriormente al cambiamento climatico.

Il messaggio è insomma chiaro: le conseguenze delle temperature sempre più elevate sulla Terra non si limitano allo scioglimento dei ghiacciai e all’innalzamento del livello del mare, ma potrebbero riattivare processi geologici potenti e potenzialmente devastanti. Comprendere questi meccanismi, investire nel monitoraggio dei vulcani (in particolare di quelli subglaciali) e affrontare con urgenza la crisi climatica sono sfide complicate, ma da mettere tempestivamente in atto per scongiurare future catastrofi.