Mercoledì 24 Aprile 2024

Renato Zero festeggia con tre album. "I migliori settant'anni della mia vita"

Nessun concerto, ma 40 nuove canzoni e uno show su Canale 5. "Non è il mio funerale ma la mia rinascita"

Renato Zero, nato a Roma il 30 settembre 1950, in uno scatto degli anni Settanta

Renato Zero, nato a Roma il 30 settembre 1950, in uno scatto degli anni Settanta

Non chiamatelo cantante. "Non lo sono mai stato. Mi sento piuttosto un osservatore pensante e parlante". Se Renato Zero si nasce, a 70 anni… si rinasce. Tre, Due, Uno… Zero!

Il “count-down” che tradizionalmente nei concerti scandisce il suo ingresso in scena tiene i fili di Zerosettanta, il box celebrativo “a rate” che Renato Zero pubblica, appunto, in tre volumi per collezionare quaranta canzoni nuove di zecca. Si comincia mercoledì prossimo, giorno del fatidico compleanno, con il terzo capitolo (prodotto e arrangiato dal chitarrista Phil Palmer e musicisti di rango come il tastierista Alan Clark o il pianista Adriano Pennino), per poi proseguire con il secondo e il primo, sul mercato rispettivamente il 30 ottobre e il 30 novembre.

A introdurre le uscite l’evento celebrativo tv messo in piedi martedì prossimo da Canale 5 sommando le immagini dell’ultimo show Zero - Il Folle, realizzate a Milano l’11 e 12 gennaio scorsi, ad interventi di amici come Monica Guerritore Giancarlo Giannini, Sabrina Ferilli, Alessandro Haber, Serena Autieri, Giuliana Lojodice, Gabriele Lavia, Anna Foglietta, e Vittorio Grigolo. "Un debutto in pompa magna" lo definisce lui in teleconferenza su Zoom. "Questi tre album rappresentano un po’ la prova generale dei miei 70 anni. Sono orgoglioso di esserci arrivato incolume e di aver regalato, in qualche modo, emozioni, brividi, a diverse generazioni, ma anche di aver assorbito tutta l’energia che il pubblico sa regalarmi. Ragazzi che vivono la vita tra mille problematiche con la certezza, però, di avere Renato dietro le spalle a cantare i loro amori e le loro difficoltà".

Tre dischi in tre mesi. In tempi di singoli è una scelta ostinatamente controtendenza.

"La loquacità artistica di cui sono portatore è affermata pure nell’esercizio delle mie funzioni. Questo disco non è il mio funerale, ma credo rappresenti per molti versi la mia rinascita".

Le riflessioni di brani come il primo singolo L’angelo ferito guardano al presente.

"Il Covid-19 è figlio del consumismo, della spesa gigantesca spesso infruttuosa e inutile. Modificare le nostre abitudini e, spesso, la nostra vita, ha fatto scattare un allarme che non poteva non impattare pure sul mondo dell’arte. Tra le tante negatività c’è la positività di esserci guardati dentro e aver avuto modo di fare i conti con noi stessi. Col pensiero al nostro pubblico, ma anche alle maestranze che ci assistono; tant’è che parte degli utili di questo disco andranno ai tecnici, ai fonici, e al resto della grande famiglia che lavora con me negli spettacoli".

Pubblica pure qusto disco con la sua etichetta. È ormai lontano dalle major del disco.

"Fanno soldi in Italia, ma li reinvestono fuori e non valorizzano la musica italiana. Comunque lascio la scena molto prima di quanto questi signori immaginano, quindi non avranno altre rotture da parte mia. Ma sappiano che gli artisti vanno accarezzati, vanno difesi e, soprattutto, va rispettato il loro lavoro. E lo dico soprattutto alle radio".

Le radio?

"Questi signori che hanno un’antenna dovrebbero lasciare libero il pubblico di decidere se Renato Zero ha fatto una schifezza o un’opera degna. E invece questo accesso è negato, nel nome del ‘target’, a me come a tanti altri. E poi si parla di razzismo?"

Concerti?

"Non voglio essere elitario, cantare per 1.500 e sentirmi ingiusto verso i 20 mila rimasti fuori. Non sono mai stato classista e mai lo sarò. Live streaming? No grazie, è come il sesso senza preliminari. Ho una gran compleanno da festeggiare, non voglio perdermelo. E pace se non sarà il 30 settembre 2020".

Achille Lauro sembra avere un debito di riconoscenza nei suoi confronti.

"Io che cantavo nelle balere dell’Emilia-Romagna esibendomi sulla pista da ballo accompagnato solo dalle basi registrate su nastro, con le piume non giocavo a fare il clown, ma cantavo la pedofilia, le tematiche della periferia, della borgata, della gente che viene emarginata. Oggi, forse, Achille con poca spesa riesce ad affermare le sue ragioni, ma io dovevo farmi un mazzo così per affermare le mie. Comunque, io che sono stato giudicato fino a questa mattina non mi permetto certo di esprimere giudizi. Dico solo che amo tutti quelli che vogliono fare questo lavoro, a condizione che sappiano che la gente non va presa in giro. Bisogna meritarsi l’abbraccio del marciapiede così come quello del Palaeur".

 

 

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