Mercoledì 24 Aprile 2024

Muti-Chailly: duello in punta di bacchetta

Alla Scala scintille tra i due direttori dopo l’esibizione del Maestro con i Wiener. La lite in camerino, di fronte a testimoni

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di Nicola Palma

Mai dire mai alla Scala, ma questa sembra proprio l’ultima puntata di una telenovela infinita. L’epilogo è stato di quelli decisamente spiacevoli, che lasciano il segno e dai quali è complicatissimo tornare indietro. Partiamo dai protagonisti: i maestri Riccardo Muti e Riccardo Chailly. Il primo è stato direttore musicale del Piermarini dal 1986 al 2005, salvo poi essere sfiduciato dai lavoratori e costretto alle dimissioni. Il secondo è l’attuale direttore musicale del teatro, fresco di rinnovo fino al 2025. Nelle ultime 48 ore si sono divisi il podio per i due concerti che hanno segnato la riapertura al pubblico dopo sette mesi di chiusura causa Covid e di spettacoli in streaming. Ieri sera c’è stato lo scontro. O meglio, le voci che circolano insistentemente nei corridoi di via Filodrammatici raccontano che è stato solo Muti a prendere a male parole Chailly, che peraltro gli aveva ceduto per l’occasione il suo camerino (scelta inusuale e che si riserva a pochissimi per estrema cortesia) e che alla fine del concerto coi Wiener Philharmoniker voleva incontrarlo per congratularsi.

Ecco la scena, davanti a diversi testimoni. Chailly entra con mascherina, ma Muti non lo riconosce, e qualcuno pensa persino che stia scherzando. A quel punto, l’altro, senza scomporsi, spiega il motivo della sua (prevedibile) presenza, considerato che è il padrone di casa: "Sono qui per farti i complimenti". Ed ecco la risposta che non ti aspetti: "Non mi rompere i c.". E Chailly: "Arrivederci, Riccardo".

Un arrivederci che sa di addio. Sì, perché una cosa pare certa: fin quando Chailly sarà al Piermarini, Muti non vi metterà più piede. Altrettanto verosimile che il comportamento dell’ex dominus della Scala, che il 28 luglio compirà 80 anni, sia andato di traverso pure al sovrintendente Dominique Meyer, che proprio nei giorni scorsi aveva fatto sapere di voler riportare Muti a dirigere l’orchestra del teatro: "Ho fatto delle proposte, speriamo voglia tornare".

Si parlava di un’opera per riallacciare un legame tranciato 16 anni fa e solo parzialmente ricucito dalle tre rentrée di Muti sempre alla guida di ensemble ospiti (due volte con la Chicago Symphony Orchestra tra 2017 e 2020 prima della Filarmonica di Vienna dell’altra sera). Ora, però, tutto sembra irrimediabilmente cancellato da una sfuriata senza spiegazioni.

Anzi, le spiegazioni ci sarebbero, assicura qualcuno. Veniamo alla più importante. Inizialmente era emersa la notizia che il Piermarini avrebbe riaperto le porte agli spettatori proprio l’11 maggio con il concerto di Muti. Una data simbolica per il tempio della lirica, visto che lo stesso giorno di 75 anni fa Arturo Toscanini ne tenne a battesimo la rinascita dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Era una coincidenza, come ha tenuto a precisare lo stesso Muti, ma i lavoratori hanno percepito la sovrapposizione come uno smacco. E i sindacati lo hanno esplicitato: "Dobbiamo essere noi a riaprire il teatro, non Muti". Il compromesso con Meyer: un concerto il 10 con orchestra e coro interni diretti da Chailly, con riprese Rai e messa in onda il giorno dopo; così è diventato quello e non lo spettacolo dei Wiener il vero omaggio alla memoria del Piermarini.

Forse, sussurrano i ben informati, il cambiamento in corsa ha infastidito Muti. Mettiamoci pure l’accordo con Fondazione Prada per un seminario a Milano con l’Italian Opera Academy dal 4 al 15 dicembre, in concomitanza con la Prima del 7 dicembre: in tanti ci hanno letto, a torto o a ragione, la volontà di oscurare l’evento scaligero. Tanto che qualche veterano del teatro afferma oggi: "La verità è che Muti non aveva alcuna voglia di tornare alla Scala con noi, ha solo cercato un pretesto". Eccolo. Mai dire mai, si diceva. Tuttavia, al momento, le possibilità di rivederlo in buca al Piermarini rasentano lo zero.

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