Mercoledì 24 Aprile 2024

Disney in crisi: favolosa inclusione, quanto ci costi La concorrenza delle piattaforme e scelte editoriali politicamente corrette, coraggiose ma anche criticate. E il colosso prepara tagli

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di Marianna Grazi

L’inclusione costa. Lo sa bene Bob Chapek, l’amministratore delegato della Walt Disney Company, che ai dipendenti annuncia: "Assumeremo decisioni difficili e scomode", aprendo la strada a possibili tagli del personale. Una misura paventata, temuta, visto quello che sta accadendo nel mondo delle piattaforme di streaming, che da qualche mese stanno affrontando una vera e propria guerra contro costi e abbandoni.

Dopo Netflix, Twitter e Meta, che hanno già annunciato i tagli, e con la Warner Bros che si accinge a percorrere la stessa strada, anche la casa di Topolino – che nel 2023 organizzerà le celebrazioni per il suo primo secolo di vita – sembra costretta a stringere la cinghia. Nel processo di revisione "guarderemo a tutte" le strade percorribili per "individuare risparmi. Anticipiamo che potrebbero essersi delle riduzioni dello staff", spiega ancora Chapek, senza però sbilanciarsi sul numero delle teste pronte a saltare. In perfetto stile Regina di cuori.

L’azienda dei sogni che, sempre più, nei suoi prodotti animati si apre all’inclusione, puntando a dare spazio, voce e immagine alle sfaccettature più multicolori e multiformi della società, nel mondo reale, oltre al congelamento delle assunzioni e ai viaggi di lavoro ridotti al lumicino – meglio virtuali, altrimenti solo quelli essenziali –, non esclude la possibilità di una riduzione del suo staff.

Il piano di ridimensionamento segue un trimeste deludente dove le perdite registrate dai servizi streaming sono state pari a 1,5 miliardi di dollari. Colpa del boom dei costi di produzione e delle spese di marketing. Ma anche, forse, di un pubblico assuefatto, che tra piattaforme sempre più simili e standardizzate, si è un po’ stufato divedere sempre le stesse cose.

Se l’obiettivo rimane quello di non "sacrificare la qualità", il ceo della major intende rendere gli investimenti "efficienti e con benefici tangibili per il pubblico e la società". L’auspicio è che le perdite di Disney Plus inizino a ridursi già in questo trimestre e che la società giri in utile nel 2024, anche grazie all’aumento del costo degli abbonamenti e all’introduzione di un servizio con pubblicità.

Ma come fare per risolvere quello che appare un cortocircuito pericoloso, tra abbandono di pubblico e prezzi più alti?

Puntando, per esempio, sulla tanto acclamata “D&I“, la diversità e l’inclusione, per realizzare prodotti che davvero facciando sentire tutti e tutte rappresentati. Basta vedere le reazioni entusiaste delle giovani spettatrici afroamericane alla vista, nel trailer, della prima Sirenetta nera, protagonista del live action della fiaba dello scrittore danese Hans Christian Andersen, per capire che forse è questa la chiave di volta necessaria. Così anche la fata turchina nel Pinocchio recentemente uscito sulla piattaforma ha la pelle scura, e così sarà con Belle, nello speciale su Abc’s La Bella e la Bestia in uscita il 15 dicembre, che avrà le fattezze della cantante e attivista HER.

La via della rappresentazione è tracciata e in essa trovano posto personaggi come Mirabel, protagonista di Encanto, primo personaggio con gli occhiali, o con Ms Marvel, la prima supereroina musulmana. E ancora, negli ultimi anni, la Disney ha portato sul grande e sul piccolo schermo personaggi della comunità Lgbtq+, come i due padri ne La Famiglia Proud, o la ciclope poliziotta in Onward o ancora il contestatissimo bacio tra due donne in Lightyear.

Ma le tematiche inclusive su cui punta l’azienda sono tante: dal tabù del ciclo mestruale sdoganato in Red alla dismorfia corporea con Bianca, la ballerina curvy del corto Reflect. Insomma la strada sembra tracciata. Ed è una strada colorata e piena di sfaccettature, che accoglie influenze anche dai social – o almeno così promette il prossimo Hercules ispirato a TikTok – e che soprattutto mira ad ascoltare le voci multiformi del suo pubblico. Ma allo stesso tempo, in una società polarizzata come quella attuale, proprio questi temi rischiano di essere la miccia per alimentare il fuoco di una critica distruttiva, pronta a mandare in fumo gli impegni – economici e non solo – dell’azienda.

E se “i sogni son desideri“, per scoprire se diverranno realtà non ci resta che aspettare e continuare a guardare con occhi meravigliati di bambini mai veramente cresciuti.

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