Giovedì 25 Aprile 2024

Bocelli, la musica è rivoluzione. L'incanto di Andrea Chénier a Lajatico

Il tenore incanta il pubblico del Teatro del Silenzio: lunedì primo agosto si replica. Intanto racconta tutto di Sì, il nuovo disco e dei suoi progetti futuri

Andrea Bocelli sul palco del Teatro del Silenzio nell'Andrea Chénier

Andrea Bocelli sul palco del Teatro del Silenzio nell'Andrea Chénier

Lajatico (Pisa), 29 luglio 2018 - «Un applauso per il mio babbo, per favore» chiede on line Virginia Bocelli nel trailer con cui il tenorissimo di Lajatico annuncia il suo nuovo album , nei negozi il 26 ottobre. Intanto, sabato sera, ad applaudirlo al Teatro del Silenzio sono arrivati in 10mila (e altri 7mila sono attesi per la replica, messa in cartellone lunedì primo agosto) nel vorticare di redingote e berretti frigi dell’Andrea Chénier, opera che Andrea ama e dalla quale è generosamente riamato. In scena, fra gli altri, la Maddalena di Sabina Cvilak, il Gerard di Vladimir Stoyanov, la Czech National Symphony Orchestra, il Coro del Teatro del silenzio di Sonia Franzese. E se Bocelli riesce a farsi condurre addirittura dal robot YuMi, come accaduto a Pisa lo scorso anno, figurarsi da un acclamato direttore come Steven Mercurio. «Per allestire un’opera ci vogliono due-tre settimane, ma questo Andrea Chénier l’abbiamo messo in piedi in una sola grazie all’attaccamento e l’amore che Andrea ha verso il mondo dell’opera e per la cultura del suo Paese» spiega Mercurio. «Amo certe sfide, anche se in una cornice particolare come il Teatro del Silenzio la scommessa è decisamente più alta che altrove».

 

D’altronde la forza dell’impresa realizzata da Bocelli, per il XIII anno, nel suo piccolo borgo antico sta anche nella visione alla Fitzcarraldo che si porta dietro. In questa edizione con una punta di temerarietà in più per la totalizzante scenografia innalzata davanti al laghetto per l’abbevero degli armenti fulcro del Teatro sormontato per l’occasione da un’imponente riproduzione cubica della “Pietà” di Michelangelo a opera di di Gualtiero Vanelli. E se Chénier era poeta, pure Bocelli ha da poco pubblicato Piccoli versi raccolta di 46 componimenti «d’amore, dello spirito, della memoria, del quotidiano, per la musica» stampato in 500 copie in dotazione alla Fondazione.

 

Andrea, a cosa è dovuta la scelta di tornare alla lirica a Lajatico? «Dopo aver rappresentato qui Cavalleria rusticana e Turandot, esperienze fantastiche seguite dal pubblico con affetto, abbiamo pensato di fare le cose in grande; creare una buca per l’orchestra e rappresentare l’opera che i piace di più, quella che conosco da più tempo».

 

Il primo grande evento di un’agenda fittissima, che a settembre prevede la Celebrity Fight Night e ad ottobre la pubblicazione del nuovo album.  «Per la CFN abbiamo in programma un grande concerto l’8 settembre all’arena di Verona; grande il teatro, grandi le stelle che mi affiancheranno sul palcoscenico, grande e nobile lo scopo, visto che tutti i proventi andranno alla fondazione che porta al mio nome. La speranza è che tutti portino a casa un bellissimo ricordo».

 

Sì è il regalo che si è fatto per quei sessant’anni che compie il 22 settembre, il primo disco d’inediti da 14 anni a questa parte. «Ci sono pure una canzone per mia moglie Veronica intitolata Vivo e un duetto con mio figlio Matteo, Fall on me. Una scommessa riuscita, penso, perché Matteo è stato molto bravo. Per lui rappresenta un inizio... e una volta che s’inizia non ci si può più fermare». 

 

Nell’album ci sono 12 canzoni e la produzione è di Bob Ezrin, lo stesso di The Wall dei Pink Floyd, di Berlin di Lou Reed e del primo album di Peter Gabriel. «Ha prodotto il disco e pure le voci dei bambini di Haiti in un paio di pezzi tra cui una ninna nanna liberamente ispirata a quella di Bach. Nell’album c’è pure una Ave Maria condivisa con Aida Garifullina, il soprano russo visto anche al fianco di Robbie Williams alla cerimonia d’inaugurazione dei Mondiali di Calcio». 

 

Il singolo Qualcosa più dell’Oro rappresenta l’ultima collaborazione con gli autori di Con te partirò, Francesco Sartori e Lucio Quarantotto, scomparsa nel 2012. «Forse è un segno del destino, un presagio, di sicuro è una canzone bellissima, con una magia interiore straordinaria».

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