Aba e Mike. Roberto Costantini prova nel suo ultimo romanzo a fare un triplo salto carpiato narrativo, incrociando le storie dei personaggi delle sue due saghe: Aba Abate e Mike Balistreri, appunto. Non una novità nel genere, anche Fred Vargas fece qualcosa di simile con il suo Adamsberg e gli Evangelisti. Ma quando si parla più in generale di thriller, come in questo caso, tenere sulla corda il lettore (e riuscirci anche) è la vera impresa letteraria. Aba Abate, agente segreto nome in codice Ice, all’inizio del romanzo è praticamente ai margini, con un processo che le incombe sulla testa come una spada di Damocle (e il paragone, seppur retorico, non è scelto a caso). Aba quindi, si ritrova a fare i conti con la sua vita privata che rischia di andare a rotoli: matrimonio fallito, due figli difficilmente gestibili e il vero amore morto nella missione precedente che le stava per costare la carriera.
Mike invece, il commissario partito dalla Libia e che rappresentò l’esordio di Costantini nel giallo impigliato nella Storia e nei tanti misteri d’Italia, è figura di sfondo di questo libro, ma comunque cruciale per l’intreccio.
Il Generale, con la G maiuscola, è il nemico numero uno, il Male. Ma chi è questo Generale, davvero? Aba torna in pista, quando Roma e il suo stadio, l’Olimpico, si fermano per il rischio di un attentato. Aba non ha perso il fiuto dell’investigatrice che mette in fila i tasselli per decriptare il puzzle criminale o terroristico nel caso, così come le sue relazioni e rapporti da agente segreto.
E così si muove tra Roma, Napoli e l’Arabia, dove è in corso tra i due fratelli principi una lotta (senza esclusione di colpi) per il potere. E l’ombra del Generale tutto avvolge. Come sempre succede il puzzle sarà completato. Ma l’immagine finale (del puzzle) sarà, anche qui come sempre, tutt’altro che rassicurante.
Matteo Massi
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