di Lorella Bolelli
L’ultimo viaggio, rigorosamente a piedi, l’ha portato dalla sua Cascina Barbàn, nell’alessandrina Val Borbera alla Valle d’Aosta. Quello invece che da casa l’ha condotto a Milano diventerà presto un libro che conterrà il reportage del tragitto insieme a considerazioni più vaste su società, cultura, mondo urbanizzato in contrasto con la dimensione apollinea dell’Appennino (era la valle Scrivia) dove Maurizio Carucci ha scelto di vivere, ventenne, nel 2000, dando poi una forma definitiva al suo anelito di comunione con la natura nel 2011, quando ha fondato il collettivo Cascina Barbàn, un’azienda agricola che produce vino 100% naturale, ma anche verdura e frutta che una volta al mese offre a chi voglia raggiungere i 500 metri della sua idilliaca collina. Maurizio Carucci da quando ha 12 anni è però anche un musicista, frontman degli Ex-Otago con cui il dialogo non è peraltro interrotto e sarà presto foriero di nuovi sviluppi artistici e ora solista con “Respiro“ che da aprile l’ha riportato alla ribalta discografica e dei concerti (la coda di quattro date nei club inizia il 16 novembre a Milano per proseguire a Bologna, Torino e Roma).
Il contadino e il viaggiatore che cosa travasano nel cantautore?
"Io sono questa cosa qua e quindi cerco di infilare ciò che mi preme anche nelle canzoni. L’attrazione per la natura mi accompagna da quando sono piccolo, esattamente come quella per la musica. Per cui se nel vino c’è il 100% di me, altrettanto entra nelle mie canzoni dove montagne, alberi, senso di liberazione sono temi predominanti".
Isolamento e scelta di fare il solista. Sempre di solitudine si tratta...
"Ma non è detto che la vita in montagna sia più solitaria o isolata di quella di città. Anzi, andando a stare in montagna non mi sono mai sentito solo, soffrivo di maggiore solitudine in città che è autocentrica e noiosa. Ciò non toglie che ci vada".
I concerti la portano infatti nei centri urbani...
"E ne sono ben contento. Ho passato crisi profonde proprio all’interno del conflitto tra i due mondi ma adesso fortunatamente mi sento in pace, mi sento forte e ogni volta che salgo a cantare e suonare avverto un’energia che non sapevo nemmeno di avere . Mi sento quasi drogato, non mi era mai successo prima in maniera così lampante e leggibile, è come se nelle vene scorresse una sostanza che mi fa stare bene davanti al pubblico".
I primi vent’anni a Genova e poi la fuga...
"Non ci stavo bene. Andarmene non è stata una scelta ponderata ma dettata dal fatto che non riuscivo a capire che cosa stessi facendo in quel posto. E invece la natura mi ha fatto scoprire tutto e mi ha fatto trovare la quiete, la tranquillità".
E nella natura cammina cammina, un viaggiatore d’altro tempi...
"Sono anche andato in bici a Taranto e durante quel viaggio mi sono risentito tutto “Respiro“ perchè uno scritto ha sempre bisogno di tempo per esprimersi e il viaggio ne amplifica i colori e le sfumature. Quando vado a piedi, invece - e sono stato a Torino, Genova, Piacenza - sto in religioso silenzio come un esploratore però di luoghi conosciutissimi. Mi metto in ascolto della natura".
Nel mondo di oggi però è la tecnologia a dominare. Cellulari, device, rete globale le incutono disagio?
"Direi curiosità e imbarazzo. Perché da un lato la tecnologia ci rende la vita più agevole e semplice, però ci toglie anche molto e quindi credo vada usata ogni tanto. La nostra cultura invece l’ha resa una religione".
Il suo credo più profondo invece verso che cosa si rivolge?
"Mi concentro sulla natura che è la mia priorità assoluta e vorrei provare a mantenere l’attuale stato di pace. Oltre che potermi raccontare con estrema franchezza. La sincerità aiuta chi parla e chi ascolta e diventa a sua volta un valore politico e sociale. La mia vita è una lotta quotidiana contro le contraddizioni del nostro tempo per affermare ciò in cui credo e che fa vibrare la mia innata attitudine generativa".
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