
A poche ore dall’esito delle elezioni francesi, deludente per il Cremlino, la Russia scatena la sua rabbia su un ospedale per bambini a Kiev. Non è sicuramente una diretta ritorsione. Per organizzare un attacco del genere ci vuole tempo. Ma le immagini agghiaccianti di quelle stanze sventrate, quelle vite già piegate dalla malattia e colpite dalla furia di Mosca aggiungono orrore alla tragedia e testimoniano come il presidente Vladimir Putin sia determinato ad andare avanti a ogni costo, pronto a passare sopra a tutto, anche a corpi di bambini innocenti.

Disgraziatamente, non c’era bisogno di questo per capire a quanto possa arrivare l’aberrazione del Cremlino. Dall’inizio del conflitto, gli obiettivi civili colpiti sono stati centinaia. Abitazioni, scuole, parchi. E in quasi tutti i bombardamenti, le centinaia di bombardamenti che Mosca dall’inizio del conflitto ha compiuto, sono rimasti coinvolti minori. Uccisi, menomati irreparabilmente. Ci sono poi quelli che sono sani e salvi, ma non sono più in Ucraina. Rapiti dai russi, sottratti alle loro famiglie, sono stati presi e sparsi sul territorio di quella Madre Russia che di santo non ha proprio nulla.
Ieri è stato bombardato l’ospedale pediatrico più grande del Paese. Chi compie un atto del genere non teme il giudizio delle corti penali internazionali, non quello della Storia e nemmeno quello divino, con buona pace del presidente Putin, sempre impegnato a farsi ritrarre in preghiera come un buon cristiano. Una Russia del genere non conosce il significato della parola pace e della parola giustizia. In quest’ottica, il fatto che Emmanuel Macron sia riuscito a salvare la Francia dai partiti di Marine le Pen e Mélenchon, entrambi con rapporti ambigui con Mosca, significa che l’Ucraina può ancora combattere, potendo contare su una Ue schierata dalla sua parte. Almeno fino a novembre, quando il risultato delle elezioni americane potrebbe determinare la fine delle speranze di Kiev.