Giovedì 25 Aprile 2024

Russia, l’esodo degli oligarchi in Israele. La terra promessa vale 30 miliardi

Raffica di sanzioni, almeno 30mila manager pronti a chiedere la cittadinanza: temono di perdere i loro patrimoni

La benedizione dei volontari dell’esercito ucraino prima della partenza per il fronte

La benedizione dei volontari dell’esercito ucraino prima della partenza per il fronte

Roma, 3 marzo 2022 - Gli oligarchi russi fanno le valigie. Gli ultra-ricchi moscoviti, spina dorsale del sistema politico-economico che circonda il satrapo del Cremlino, sentono il fuoco sotto i piedi. I 22 oligarchi che fanno parte dei 500 individui più ricchi del mondo, infatti, hanno perso complessivamente 83 miliardi di dollari dall’inizio di quest’anno, in base ai calcoli del Bloomberg Billionaires Index . E le perdite si sono concentrate soprattutto nelle ultime due settimane, da quendo Vladimir Putin ha lanciato l’invasione dell’Ucraina. Le azioni delle società russe quotate a Londra, dal produttore di combustibili Novatek al produttore di acciaio Severstal, hanno perso oltre metà del loro valore solo dall’inizio di questa settimana, dopo l’inasprimento delle sanzioni. Oltre alle perdite cartacee, le sanzioni ora stanno iniziando a colpire anche le loro vite private. Sfrecciare nei cieli d’Europa con il Gulfstream è diventato impossibile, dopo che l’Ue e il Regno Unito hanno bandito gli aerei di proprietà russa dal proprio spazio aereo, e a scorrazzare con il mega-yacht per i mari europei si rischia il sequestro, mentre la stagione degli acquisti discreti di immobili di lusso a Londra e Parigi volge al termine, con le nuove leggi che richiedono ai proprietari esteri di rivelare la propria identità.

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Perfino la neutrale Svizzera ha impedito l’ingresso a 5 oligarchi vicini a Putin e ha deciso di chiudere anche il proprio spazio aereo a tutti i voli dalla Russia. I primi a essere colpiti direttamente dalle sanzioni dell’Ue sono stati il magnate dei metalli Alisher Usmanov, gli investitori immobiliari Mikhail Fridman e Petr Aven e il magnate del metallo Alexei Mordashov. L’Airbus A340 di Usmanov è decollato lunedì da Monaco e ha lasciato lo spazio aereo dell’Ue verso il Mar Nero per una destinazione sconosciuta.

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Il milionario russo-israeliano Roman Abramovich, presente fra l’altro al tavolo dei negoziati tra Mosca e Kiev, ha rinunciato al controllo del Chelsea pochi giorni fa e punta a trasferire "My Solaris", il suo yacht di 140 metri, dal porto di Barcellona in acque libere da sanzioni. Stessa sorte è toccata già ad "Eclipse", l’altro gioiello dell’imprenditore, attualmente ormeggiato al sicuro nei Caraibi. Lo yacht del tycoon Vagit Alekperov, presidente di Lukoil, è stato individuato giorni fa mentre navigava dalla Spagna in direzione Montenegro. Un ordine di fuga sarebbe arrivato anche a Trieste: il magnate russo Andrey Melnichenko avrebbe comunicato al comandante del mega panfilo "Sailing Yacht A", ricoverato da metà gennaio nell’Arsenale triestino per la manutenzione, di spostare nel più breve tempo possibile l’imbarcazione.

Aerei e yacht si possono spostare, ma far uscire altri asset può diventare più difficile. I consulenti israeliani specializzati in questo tipo di operazioni per gli oligarchi ebrei sono sommersi di lavoro. "La fuga dalla Russia in questi giorni è folle, molto superiore all’ondata che abbiamo visto dopo l’annessione della Crimea nel 2014. Non si tratta solo degli oligarchi di prima linea, ma anche di ricchi uomini d’affari che non hanno nulla a che fare con la politica, ma hanno paura di perdere i propri soldi per l’avventurismo di Putin", spiega Eli Gervits, fondatore di uno studio di avvocati che rappresenta molti ultra-ricchi di origine russa in Israele. Gervits valuta che ci siano circa 30mila milionari decisi a chiedere la cittadinanza israeliana, con in tasca almeno 30 miliardi di dollari.

Ma in questo momento le banche hanno bloccato l’ingresso di capitali provenienti dalla Russia e non sono disposte ad aprire nuovi conti per chiunque abbia un’affinità con il Paese di Putin. La fuga da Mosca diventa sempre più difficile.