Roma, 27 febbraio 2022 - Il primo oligarca a osare si chiama Mikhail Fridman. È uno degli uomini più ricchi di Russia, ceo della società di private equity LetterOne, un patrimonio di 15 miliardi di dollari. Ha scritto una lettera per chiedere che finisca il "bagno di sangue". Fridman, ora cittadino russo, in Ucraina ci è nato, dunque la sua critica è comprensibile. Ma ci vuole coraggio lo stesso, in Russia, ad andare contro lo zar, perché è il Cremlino che distribuisce le cariche economiche e assegna le principali commesse (il 70% del Pil ha origine statale). Infatti, a parte Fridman, gli oligarchi non si stanno affatto ribellando, hanno espresso i loro dubbi ma non andranno oltre, quasi tutti dipendono dall’unico potere forte: Putin. Via ai negoziati. Sindaco di Kiev: siamo circondati Minaccia nucleare russa: forze missilistiche e flotte navali in allerta Pietro Figuera, fondatore dell’Osservatorio Russia e analista di Limes, ricorda che "quando Putin prese il potere negli anni ’90 mise subito in chiaro che gli interessi economici avrebbero dovuto sottostare a quelli politici e strategici: chi non avesse accettato sarebbe stato estromesso dal sistema degli affari". Dal caso Khodorkovsky, il petroliere il cui arresto ed espropriazione nel 2003 furono usati da Mosca a scopo dimostrativo, i potenti sono più che allineati. Mosca possiede la bomba termobarica più potente Il fedelissimo Roman Abramovich, 55 anni, tenta di salvarsi dalle sanzioni assegnando il suo Chelsea a una fondazione. Non tradirà Putin, sebbene la figlia sia tra i giovani che si sono espressi contro l’invasione. È ragionevole immaginare che non si ribelleranno anche altri boss, come il banchiere Oleg Tinkov, Vagit Alekperov (siderurgia), Igor Sechin (petrolio), Igor Chemezov (meccanica). Figurarsi se lo farebbe Arkady Rotenberg, che dello zar è stato compagno di judo e si è arricchito con le linee elettriche. ...
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