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Londra, 7 luglio 2022 - Boris Johnson si è dimesso. Ci sono voluti giorni a convincerlo, ma 59 dimissioni ministeriali nel giro di 48 ore e l’impossibilità di appuntare nuovi colleghi al suo gabinetto di governo, l’hanno finalmente convinto a lasciare la poltrona che fin da piccolo sognava di occupare. Il 58enne Johnson è uscito oggi alle 12.30 locali dall’iconica porta nera del numero 10 di Downing Street e, davanti ad un piccolo podio, ha spiegato come è stato 'doloroso' per lui prendere la decisione di lasciare. Ha parlato della sua tristezza al dover abbandonare "il miglior posto di lavoro al mondo" e ha elencato i suoi "successi" come primo ministro – tra cui la campagna vaccinale per il Covid, la Brexit, il supporto all’Ucraina - prima di riconoscere che era arrivata l’ora di andarsene. "E' ora chiara la volontà dei deputati del Partito conservatore che ci sia un nuovo leader di partito e quindi un nuovo primo ministro. Il processo di scelta del nuovo leader dovrebbe iniziare ora". In un discorso emotivo ma dignitoso, il contestato Boris ha poi spiegato che resterà a servizio del Paese "fino a quando non ci sarà un nuovo leader", cosa che ha dato subito fastidio ai suoi colleghi, che lo vorrebbero veder andare via immediatamente. Con la terza moglie Carrie, che portava la bimba Romy in braccio, e i fedelissimi che lo hanno applaudito, Johnson non ha fatto il minimo cenno a tutto quello che è successo per portarlo al tracollo. Nessuna parola di scusa per quello che ha finalmente fatto scattare l’esodo del "branco", come lo ha definito lui, di ministri e parlamentari, che gli hanno di fatto tolto la fiducia. Chi si aspettava una richiesta di perdono per aver mentito in Parlamento, per aver più volte fatto scelte dubbie o sbagliate e per aver messo in ginocchio la credibilità non solo ...
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