Mercoledì 24 Aprile 2024

Uccise il padre per salvare la madre: assolto

Quando aveva 18 anni, Alex accoltellò 34 volte l’uomo. Il tribunale: "Non è reato". E lui: "Voglio solo andare a casa". Il pm aveva chiesto 14 anni

Alex Pompa, 20 anni, insieme con la mamma Maria Cotoia e il fratello Loris

Alex Pompa, 20 anni, insieme con la mamma Maria Cotoia e il fratello Loris

"Mi auguro che i giudici capiscano – diceva la mamma nell’attesa della sentenza che avrebbe cambiato le loro esistenze – vogliamo solo una vita normale". Ai giudici aveva passato la palla il pm Alessandro Aghemo, "costretto" dal codice a chiedere una condanna a 14 anni. E dopo sei ore di camera di consiglio la corte d’Assise presieduta da Alessandra Salvadori ha emesso quel verdetto difficilissimo, assolvendo il ventenne Alex Pompa, che il 30 aprile dell’anno scorso – quand’era appena maggiorenne – a Collegno uccise il padre Giuseppe, operaio di 52 anni, per difendere la madre durante l’ennesima lite: "Il fatto non è reato". Esulta Maria Cotoia: "Abbiamo vinto noi, finalmente la vita vera". Mentre suo figlio ha "fretta di tornare a casa ad abbracciarci", perché in tribunale non è la stessa cosa. Alex aveva ucciso il padre violento con 34 coltellate e sei coltelli diversi, spezzando la lama nell’ultimo fendente mortale. Ma aveva poi subito chiamato i carabinieri confessando il delitto commesso.

Il verdetto prevedeva solo due alternative: 14 anni oppure l’assoluzione come chiesto dall’avvocato Claudio Strata che ha spiegato la drammatica situazione vissuta in quella casa. Una motivazione che la corte ha riconosciuto in pieno, anche se l’introduzione delle regole per il ’codice rosso’ portano a escludere la concessione di attenuanti per chi uccide una persona legata a vincoli familiari. Quindi il fatto in sé non costituisce reato. "Ce lo meritiamo – dice il ragazzo frastornato – Ora posso riprendermi la mia vita. Abbiamo sempre confidato nella giustizia e abbiamo sentito il supporto di tutti nonostante tanti momenti duri". Il fratello maggiore Loris gli tiene una mano sulla spalla: "Abbiamo visto la morte in faccia e Alex ci ha salvato la vita". In aula ad ascoltare la sentenza c’era anche "il mio angelo custode", l’imprenditore trevigiano Paolo Fassa, che ha deciso di aiutarlo dopo aver sentito la notizia al telegiornale. Ha trovato il miglior penalista della città, seguito tutte le tappe della vicenda, dispensato consigli telefonici. E il super avvocato per convincere la Corte ha fatto ascoltare 250 registrazioni scioccanti, 9 ore di audio con le urla e gli insulti fra marito e moglie.

"Vi rendete conto che cosa ha vissuto quel ragazzo? Non poteva studiare, non poteva dormire, non poteva vivere. Ogni sera, come lui stesso ha raccontato, si coricava solo dopo aver abbracciato a lungo sua madre temendo di risvegliarsi e non trovarla più viva".

Alex aveva detto di avere capito che papà quella sera era diverso già da come camminava in casa. "Continuava a dire ’vi ammazzo’ e quando l’ho visto andare in cucina ho capito che l’avrebbe fatto davvero. Il mio istinto di sopravvivenza ha pensato solo ad anticiparlo". Raccontò di una colluttazione: "Ripeteva ’fatevi sotto, vi faccio a pezzetti. Vi troveranno in una fossa’". Ossessivo, aggressivo, molesto, problematico. La moglie ha ricordato che prima della tragedia Giuseppe l’aveva chiamata "101 volte per questioni di gelosia". E che nei mesi precedenti lei e i figli avevano registrato 225 volte le sue sfuriate "perché pensavamo che ci avrebbe ammazzati". In una memoria Alex scrive: "Papà aveva gli occhi fuori dalle orbite, era indemoniato. Non ho mai potuto fare una doccia tranquillo temendo che aggredisse mamma. Odiava il suo sorriso".

Una perizia psichiatrica ha stabilito che era parzialmente capace di intendere al momento dell’omicidio per via di un disturbo post traumatico da stress causato proprio dall’incubo vissuto in famiglia. Il giorno dell’omicidio Giuseppe Pompa aveva spiato la moglie al lavoro e aveva visto un collega appoggiarle una mano sulla spalla, un gesto che aveva scatenato la sua furia. "La sua condanna Alex l’ha già scontata – dice Maria –. È stata quella di crescere con un padre violento. Se non fosse stato per lui, noi oggi non saremmo vivi".