Giovedì 25 Aprile 2024

"Ospedali in sofferenza". Rezza: rialziamo la guardia

Il direttore del ministero della Salute lancia l’allarme sull’impatto di Omicron. "L’attenzione si è abbassata: troppi assembramenti. Ed è tornata l’influenza"

Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria al ministero della Salute

Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria al ministero della Salute

La variante Omicron ha causato un’impennata impressionante di contagi anche nel nostro Paese (qui il bollettino del 3 gennaio). Nonostante ciò la malattia si manifesta, nella maggioranza dei casi, con sintomi molto meno gravi, soprattutto a livello polmonare. È ancora troppo presto o dall’esperienza maturata sul campo è possibile dire che Omicron è meno aggressiva rispetto alla Delta e alle varianti al ceppo originario che l’avevano preceduta? "È sicuramente meno patogena", spiega l’epidemiologo Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria al ministero della Salute, che tuttavia mette in guardia sui rischi e sulle conseguenze della maggiore diffusività del virus.

Cartabellotta: "Rischio intasamento ospedali. Limitare contatti sociali".

Super Green pass al lavoro, Costa: "Va esteso a tutti. Probabile da febbraio"

"Anche se è meno aggressiva, essendo una variante altamente contagiosa, l’impatto sugli ospedali purtroppo si farà sentire, quindi alla fine cambia poco", dice Rezza. Il progressivo aumento dei ricoveri, insomma, è un fenomeno inevitabile se si continua ad allargare la platea dei contagiati. Perché nel momento in cui il virus incontra soggetti non vaccinati o che non hanno risposto al vaccino o particolarmente fragili, può causare patologie importanti. E più si diffonde, più sarà rapido l’effetto moltiplicatore. Per questo bisogna correre con i vaccini, cercando di proteggere quante più persone possibile nel più breve tempo anche con la terza dose.

Omicron, gli ultimi studi: colpisce la gola, è meno letale. Il caso Israele

Inoltre c’è una cartina di tornasole che mostra chiaramente che abbiamo abbassato la guardia. Che non siamo più sufficientemente attenti alle misure di prevenzione: è tornata l’influenza, con numeri importanti (superiori alla media) per il periodo. Dopo un anno in cui l’epidemia influenzale non era praticamente pervenuta per la minore intensità di scambi sociali (con lunghi periodi di zone rosse e arancioni) e l’attenzione alla prevenzione con distanziamento e mascherine, in questa stagione i virus influenzali e parainfluenzali sono tornati prepotentemente protagonisti. L’osservatorio InfluNet, il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza – coordinato dall’Istituto superiore di sanità – nel bollettino della settimana tra il 20 e il 26 dicembre stima che in Italia ci siano stati 289.200 casi di influenza contro i 258.143 casi di Covid registrati nel nostro Paese nei medesimi sette giorni.

Un numero significativamente alto per il periodo, non solo rispetto alla passata stagione che fa poco testo, ma anche in assoluto, confrontando i numeri dei casi nelle stagioni a partire dal 2004-2005. "È evidente che l’attenzione si è abbassata, da questo e da molti altri segnali, come gli assembramenti nei centri storici e nei centri commerciali", incalza Rezza.

Le mascherine sono obbligatorie anche all’aperto, su tutto il territorio nazionale, a prescindere dai colori delle regioni, tuttavia anche in zone molto affollate si vedono tante persone che non la indossano. Il ritorno dell’influenza, con casi in crescita soprattutto in Emilia Romagna dove l’incidenza era già a 8,67 casi per mille abitanti nella settimana di Natale, Lombardia (7,30), Umbria (7,12) Piemonte (6,86), Toscana (5,68) e Liguria (4,13), può determinare ulteriore caos nella richiesta di tamponi per diagnosi differenziale, manifestandosi con sintomi (soprattutto iniziali e nelle forme non gravi) quasi del tutto sovrapponibili a quelli del Covid.

"Ma l’influenza di quest’anno non è più aggressiva rispetto a quella dello scorso anno, ci sono più contagi solamente perché c’è meno attenzione alle regole di distanziamento sociale e di prevenzione igienica", conclude il professor Giovanni Rezza. "Il livello di incidenza delle sindromi simil influenzali è sopra la soglia basale in 12 regioni – si legge nel report InfluNet –. Nella stagione 2019-2020, l’ultima in cui è stata osservata un’epidemia, nella settimana di Natale, il livello di incidenza era inferiore a quello dell’attuale stagione".

Ancora lontana dai picchi raggiunti nelle altre stagioni, l’influenza solamente nel 2009-2010, nel 2016-2017 e nel 2017-2018, aveva fatto registrare più casi nella 51esima settimana dell’anno, quella di Natale. Siamo ancora in tempo a correggere l’andamento della curva. Per proteggere tutti e anche gli ospedali.