Mercoledì 24 Aprile 2024

La repressione di Mosca Definì Putin un dittatore Dissidente condannato a 25 anni di carcere

Kara-Murza, storico e regista di 41 anni, denunciò i crimini di guerra del regime. Dopo la sentenza ha urlato in aula: "La Russia sarà libera, ditelo a tutti". È la pena più pesante inflitta a un contestatore politico nell’era post-sovietica.

La repressione di Mosca  Definì Putin un dittatore  Dissidente condannato  a 25 anni di carcere

La repressione di Mosca Definì Putin un dittatore Dissidente condannato a 25 anni di carcere

di Marta

Ottaviani

"La Russia sarà libera, ditelo a tutti". Vladimir Kara-Murza, 41 anni, storico e regista, quando ieri è entrato nel tribunale centrale di Mosca, sapeva che il suo destino era segnato. La corte lo ha giudicato colpevole di tradimento, diffusione di false notizie sulle forze armate a riguardo della guerra in Ucraina e affiliazione a organizzazione indesiderata. Aver detto la verità e difeso la sua libertà di pensiero gli costerà 25 anni di carcere duro. Si tratta della pena più pesante comminata fino a questo momento per aver infranto la legge contro le fake news, approvata dal parlamento russo nel marzo 2022, pochi giorni dopo l’inizio della guerra in Ucraina e quando si era già capito che le operazioni sul campo non stavano riportando i brillanti risultati che il Cremlino si aspettava. Non solo: si tratta anche della condanna più dura inflitta a un dissidente politico nell’era post sovietica. Segno che il passato fa sempre in tempo a tornare. Una sentenza esemplare, insomma, che deve mostrare a tutti i russi che non si può andare contro la verità ufficiale e che non ha colpito un oppositore a caso.

Classe 1981, Vladimir Kara-Murza, è da tempo una delle voci più critiche del presidente russo, Vladimir Putin e del suo modo di gestire il potere, che il dissidente ha definito "un regime dittatoriale, che commette crimini di guerra". In tasca porta, oltre a quello russo, un passaporto britannico ed è laureato in storia a Cambridge. Alla luce di questa sua competenza, negli scorsi anni aveva cercato di mettere in guardia l’Occidente che cercava una sponda con Putin, spiegando che stava lentamente, ma inesorabilmente smantellando la democrazia. Il Cremlino lo ha sempre visto come un pericolo, anche per l’importante ruolo che ha avuto nell’approvazione del Magnitsky Act, pubblicato per la prima volta nel 2012 e che dà al presidente degli Stati Uniti il potere di congelare i beni statunitensi di funzionari e uomini d’affari del governo russo accusati di gravi violazioni e impedisce loro di accedere ai mercati finanziari negli Usa. Per quella che sembra tutto fuorché una coincidenza, fra i russi colpiti da questa legge, c’è anche Sergheij Podoprigorov, ossia uno dei giudici che ha spedito Kara-Murza in carcere per 25 anni.

Molto vicino a Boris Nemtsov, l’oppositore a Putin ucciso a due passi dal Cremlino nel 2015 e che aveva cercato di creare una piattaforma liberale, il giovane dissidente era entrato in Open Russia, la ong fondata dall’ex oligarca, Mikhail Khodorkovsky, che, da uomo più ricco della Russia, nel 2005 si è ritrovato in un campo di lavoro per appropriazione indebita e riciclaggio, da cui è uscito solo nel 2013, ‘graziato’ da quell’allora giovane presidente Putin. Lo zar, anche in quel caso, optò per una condanna esemplare, per far capire agli oligarchi che il potere che avevano durante il periodo di Boris Eltsin era solo un ricordo. Padre di tre figli, Kara-Murza ha chiesto che i premi in denaro ricevuti servano per aiutare le famiglie degli oppositori politici in prigione. In questo momento, in Russia, sono circa 20mila.