Giovedì 25 Aprile 2024

Bimba morta di Covid, i voli della speranza: "Io, pilota con il cuore spezzato"

Il colonnello dell'Aeronautica che guidava il C130: "Siamo al servizio della popolazione". Tante altre storie a lieto fine e una certezza. "Non cambierei questo lavoro con nessun altro"

Roma, 31 gennaio 2022 - Ha trasportato a Roma la bambina calabrese di due anni malata di Covid, gravissima, poi morta il giorno dopo all’ospedale. “Quando  succede ti crolla il mondo addosso”, confida Filippo Monesi, 41 anni, veneto, tenente colonnello dell’Aeronautica militare in forza alla 46esima Brigata Aerea di Pisa.

Lo dice senza enfasi, con la discrezione di chi  porta le stellette. Al suo attivo ha 3.500 ore di volo con il C-130 J, 40 metri per 40 e una velocità di 600 chilometri all’ora, all’aria. Anche se poi i trasporti d’emergenza sono garantiti anche dal 31 Stormo con i Falcon e dagli elicotteri del 14 e 15 Stormo.

Covid, bimba di due anni muore in ospedale. "Era gravissima"

Covid Italia, bollettino di oggi: dati dell'1 febbraio su contagi e morti

Il dovere e il cuore. Che batte forte quando trasporti un bimbo da salvare. “Sì, c’è una sfera emotiva importante – confida il pilota –. Si corre, ci si sente molto carichi di responsabilità, si cerca di fare del nostro meglio per dare un contributo. Ci sono vite da salvare. Non sempre le cose vanno come vorremmo”.  

Due ore di tempo, al massimo, tra la chiamata di soccorso e il decollo. Siete preparati a fare presto, e dovete fare bene. “L’addestramento di qualsiasi pilota militare è volto a questo, la precisione nella velocità”.

Covid, bimba di 2 anni trasportata da Lamezia a Roma: ambulanza su C130 dell'aeronautica  

Il vostro 'ufficio' non chiude mai. “A Pisa abbiamo due equipaggi e un aereo h 24, tutti i giorni dell’anno. Sempre pronti a decollare, quando ce ne fosse la necessità. Lo stesso fanno il 31esimo a Ciampino e il 15esimo, che ha più basi, da Cervia a Trapani”.  Solo voi quando c’è da trasportare un’ambulanza. “Sì, solo il C130 J, il più grande, riesce a farlo”. La sigla per i voli della speranza è sempre la stessa, IPV, imminente pericolo di vita. “Questo ci viene spiegato. Molto spesso siamo chiamati e non sappiamo neppure dove stiamo andando. È stato così anche per la bambina calabrese. Quel giorno ero capo equipaggio, sono andato in sala operativa, ho raccolto le informazioni per il volo”. Che cosa deve sapere prima di affrontare una missione? “Prima di tutto serve un via libera, ci devono confermare che il bimbo possa essere trasportato in aereo. In questo caso, poi, si doveva risolvere la questione Covid. La piccola è stata 'isolata' nell’ambulanza, con la squadra di sanitari”.  Nei voli della speranza dietro di lei, sul C130, ci sono babbi e mamme che vivono ore di angoscia e attesa. “Molto spesso noi non veniamo nemmeno a sapere come va a finire la storia. E la famiglia a volte non ha nemmeno idea di chi siamo”. Il volo più lungo che le sia capitato? “È durato più di quattro ore".

Può succedere di tutto.

"Mettiamola così: siamo addestrati a fronteggiare qualsiasi avaria che ci capiti in missione. Qualsiasi cosa succeda, siamo abituati ad arrivare in fondo. Ma dobbiamo tenere conto anche di come sta il paziente, le sue condizioni potrebbero costringerci ad atterrare prima. Per fortuna questi voli sono relativamente brevi. Non mi è mai capitato di dover tornare indietro”. Quando va a finire bene va a dormire con il cuore più leggero. “Diciamo che quando fai un trasporto di questo tipo, in generale, vai a dormire consapevole di aver fatto una buona azione, di essere stato utile. Purtroppo, quando va a finire male, la mattina ti crolla il mondo addosso. Siamo umani. Ma questo lavoro non lo cambierai con nessun altro”. Una missione. “Come per chiunque abbia abbracciato le forze dell’ordine, le forze armate, e abbia le stellette. Siamo al servizio della popolazione”.