Venerdì 26 Aprile 2024

Alluvione, nel limbo degli sfollati. Sotto lo stesso tetto tra sorrisi e lacrime: "Le nostre vite da ricostruire"

In Emilia-Romagna sono oltre 26mila le persone rimaste senza una casa. Il racconto di una giornata nel centro d’accoglienza di Forlì, dove sono cadute le barriere sociali

Forlì, 22 maggio 2023 – "Cantavo in un’orchestra sa? Il 25 luglio compio 89 anni". Giancarlo Mazzoni sta riposando su una brandina. Sono i volontari del centro sociale di via Angeloni, a Forlì, ora centro di accoglienza per gli sfollati, a mandarci da lui: "È il più simpatico", assicurano. Giancarlo abita a Pieveacquedotto. Ha perso quasi tutto in questo momento, tranne il sorriso, la gentilezza e la fiducia nel genere umano. "Qui sono bravi, si mangia bene. Facciamo amicizia. Un ragazzo romeno stamattina mi ha fatto la barba". Mazzoni è fortunato, dice, perché il suo vicino ha la casa sommersa dall’acqua, li separa una siepe eppure la sua si è salvata, tranne il giardino. "Ma quella di mia figlia Paola è distrutta". Il centro è diventato una piccola grande famiglia. I bambini giocano a carte con le volontarie della Croce rossa. Giovani, anziani, stranieri: cade ogni barriera generazionale o culturale.

Sono circa 26mila gli sfollati in regione
Sono circa 26mila gli sfollati in regione

Sono in calo le persone che hanno dovuto lasciare la propria casa in Emilia-Romagna a causa dell’alluvione: alle 12 di ieri erano 26.324: la maggior parte, 19.500, nel Ravennate, 4.918 a Forlì-Cesena e 1.906 nel Bolognese. Tra di loro c’è Kobabi El Houssain. Operaio di Sant’Agata sul Santerno, nel Ravennate, in 66 anni non ha mai visto una cosa del genere. "La vita è dura", ripete quasi fosse un mantra. Kobabi martedì notte ha aperto la porta e si è visto travolgere da un’onda d’acqua. È rimasto a mollo dalle 3 fino a quando agitando le braccia, attorno alle 5,30 è riuscito ad attirare l’attenzione di un elicottero che passava: "Ero immerso fino al collo, l’acqua era gelida. Ho nuotato, mi sono aggrappato per restare vivo, poi ci hanno tirato su e ci hanno portato qui. Ho perso tutto: mobili, vestiti e denaro. In casa c’era un metro e mezzo d’acqua. Mia moglie aveva messo da parte 4mila euro in un mobile, sotto una coperta invernale: andati". Kobabi è nato in Marocco, ma vive in Italia da 35 anni. Qui è nato suo figlio 28enne. Questa è la sua casa. "Ringrazio Dio", dice, però un po’ di rabbia inevitabilmente lo accende: "Per me la colpa è del governo", sentenzia.

Poco distante Hamdi Bouguila, tunisino in Italia dal 2006, ha gli occhi rossi per il fango. Hamdi vive ai Romiti, in via Sapinia, uno dei quartieri più colpiti. "La prima notte abbiamo dormito al quarto piano, noi abitiamo al primo e la casa era stata invasa dall’acqua. Ci sono tornato oggi ed è messa ancora così". Hamdi ha 4 figli. "È dura mantenere quattro figli in questo momento. Mia moglie è malata e non lavora". Il più grande, Iyed, ha 13 anni e frequenta la scuola media Mercuriale. "Sono venuti a prenderci con il camion dell’esercito", racconta. Lui, che a 13 anni è già un ometto. "Quando il babbo è via, bada lui ai fratelli", assicurano le volontarie. Già, perché Hamdi anche ieri è andato a spalare e non solo a casa sua. "Ho cercato di dare una mano anche ai vicini – dice – sono anziani e non sanno come fare".

Dall’altra parte della città, in via Puntadiferro, presso la nuova sede della Polizia Municipale, c’è un altro centro più grande gestito da Protezione civile e Croce rossa. Qui c’è anche un punto di smistamento dei beni di prima necessità raccolti. "Solo oggi sono usciti di qui 150 quintali di materiale donato" (tra cibo e prodotti per l’igiene personale). I ragazzi siedono attorno a un tavolo e fanno l’inventario dei bancali.

Poco più in là, fuori dall’edificio, si formano piccoli capannelli di gente. I responsabili ci chiedono di non entrare per rispetto di quell’intimità, ormai violata, che si sta faticosamente cercando di ricreare. Ma chi è fuori a chiacchierare, a prendere una boccata d’aria o a fumare una sigaretta, si lascia avvicinare. Seduto, quasi immobile, su una sedia c’è Sebastiano Zucca. I volontari sorridendo lo chiamano ’Babbo Natale’ per via della sua lunga barba bianca. Anche qui si scherza per esorcizzare il dolore, il senso di vuoto incolmabile di chi è arrivato lì, spesso solo, con una piccola sporta di effetti personali. Zucca, 68 anni, vive a Meldola. Si è visto letteralmente venir giù una montagna dietro casa, racconta. "Sono qui da mercoledì, sono venuti a prendermi i vigili del fuoco, mi hanno detto che dovevo andare via". Zucca, sardo, vive in Romagna da 21 anni. La sua casa al momento non è agibile, ma "non mi posso lamentare – dice – qui sono tutti gentili".

Mohammed Kahayati ha 35 anni, viene dal Marocco, ma è in Italia dal 2006 e vive ai Romiti. Si appoggiava da un amico, facendo l’autista e il pizzaiolo per arrotondare. Era senza corrente e ha deciso di venir via e di chiedere aiuto. Il suo amico, invece, che vive al piano superiore, è rimasto.

Poi c’è lei. Silvia Neri, 50 anni. Arriva insieme a Ginny, la cagnolina meticcia da cui non riesce a separarsi. "Abito in via Padulli, ho dovuto sgomberare due appartamenti. C’erano 40-50 centimetri di fango. Ma vicino a me sono morte due persone". Silvia non trattiene più le lacrime. "Allora io dico: una casa da riarredare è una vita intera di sacrifici da ricostruire, è vero, ma la tragedia vera sono le vite umane perse". Silvia ha lottato strenuamente per la sua di vita: è stata 5 interminabili ore con l’acqua alla gola, con Ginny in braccio. "In casa avevo l’acqua alle ginocchia. Ho aperto la porta pensando che il livello fosse quello e invece... Sono finita in ipotermia. Non riuscivo più a muovermi dal freddo. Ero in pigiama ma il pantalone mi si è sfilato per forza dell’acqua. Mi sono aggrappata con forza alla maniglia". Poi mostra i segni delle unghie della sua cagnolina sulla mano: anche lei ha lottato per restare aggrappata alla vita. Nella casa familiare vivevano anche la mamma disabile, già prontamente trasferita in una struttura per anziani a Terra del Sole, un fratello e una sorella, ora entrambi dai suoceri. "Ma io non ho nessuno da cui andare e sono venuta qui – dice Silvia –. Qui sono angeli. Angeli veri. Non ci fanno mancare niente. Fanno tutti turni lunghissimi, non solo per lavorare ma anche per intrattenerci e farci compagnia. Anche voi fate il vostro lavoro. Raccontate la vita. Ora mi raccomando, raccontate anche la speranza".