Mercoledì 24 Aprile 2024

Scommessa al buio

Un intervento "a margine", per quanto significativo, sulle pensioni. E una scommessa al buio, tutta da verificare, per il reddito di cittadinanza. È questa, in fondo, la doppia cifra del decreto simbolo del governo giallo-verde. Doppia come è doppia l’impostazione della legge di Bilancio e di tutta la politica economica dell’esecutivo. Quale che sia, infatti, la propaganda di Matteo Salvini contro la riforma Fornero e il governo Monti, il pacchetto previdenza del decretone di metà gennaio è, tutto sommato, un insieme di aggiustamenti e correzioni proprio di quella legge tanto odiata dal leader leghista: dunque, non uno smantellamento o un superamento del riassetto del 2011, come raccontano gli spot del capo del Carroccio, ma un’operazione di più o meno straordinaria manutenzione. Salvini, insomma, ha completato o proseguito il lavoro cominciato dai governi del Pd: e quota 100 si pone lungo la scia di Ape social, anticipo precoci e opzione donna, tutte soluzioni che non a caso sono state prorogate. E, d’altra parte, il costo dell’intervento è la misura del cambiamento: 4 miliardi. Un decimo di quanto sono costate le salvaguardie per gli esodati in questi anni di attuazione della riforma Fornero. All’opposto di questo schema si colloca, invece, il reddito di cittadinanza nella versione inserita nel decreto. Per come è congegnato è un ircocervo, una sorta di mostro a due teste, una assistenziale e una lavoristica, che, a differenza di quello che ripetono come un mantra, non esiste, in questa forma, in nessun altro Paese del mondo. Metà assegno di ricollocazione e metà reddito di inclusione, affidato alla gestione di una pletora di soggetti (a cominciare da quei centri per l’impiego tutti da ricostruire dalle fondamenta), secondo procedure che presuppongono un’Italia digitalizzata che non esiste. Con l’aggiunta di vincoli e riserve da burocrazia dell’Ottocento. Eppure, come nel caso delle pensioni, sarebbe bastato rafforzare e sviluppare il Reddito di inclusione esistente. magari chiamandolo Reddito di cittadinanza. Per soddisfare il nuovismo da campagna elettorale.