Giovedì 25 Aprile 2024

La trappola del debito

Quando l’imperatore cinese (difficile chiamarlo semplicemente presidente) avrà lasciato il suolo italico e tanto il polverone delle polemiche quanto l’euforia degli entusiasmi si saranno attenuati, si potrà finalmente fare una valutazione serena dell’intesa Italia-Cina, dei suoi risvolti economici e delle sue conseguenze politico-strategiche. Fin d’ora, però, si possono mettere a fuoco tre concetti fondamentali. Il primo riguarda la collocazione internazionale dell’Italia. E sul ‘da che parte stare’ non ci possono essere equivoci di sorta: l’Italia era, è e deve restare saldamente incardinata nell’alleanza atlantica – persino a dispetto delle politiche poco atlantiche di Trump, non fosse altro perché i presidenti passano e gli Usa restano – ed essere perno della Ue oggi e della costruzione degli Stati Uniti d’Europa domani. Tutti lo riaffermano, ma non basta. Occorre la coerenza dei comportamenti. E come insegna la nostra storia repubblicana, più si è coerenti e più ci si possono concedere ‘scappatelle’ sul fronte degli affari.

E qui siamo al secondo concetto cardine: siamo un Paese esportatore, ed è giusto oltre che lecito che si colgano tutte le opportunità commerciali. Ed è persino ovvio che un Paese in straordinario sviluppo e delle dimensioni della Cina sia un target privilegiato. Tanto più in una fase in cui politiche protezionistiche altrui ci mettono in difficoltà. Ma deve essere altrettanto chiaro che la contropartita dell’interscambio non può e non deve essere la cessione di asset strategici, come sono le infrastrutture logistiche e di telecomunicazioni.

Infine, il terzo comandamento: niente accordi sul debito pubblico. Il quale va finanziato sul mercato, quello interno e quello internazionale, a condizioni di mercato. Che saranno più o meno onerose a seconda delle nostre politiche (vedi spread). Niente scorciatoie. Anche se le condizioni fossero particolarmente vantaggiose. Perché avrebbero inevitabilmente una contropartita politica, strategica, diplomatica. Che non possiamo e non dobbiamo accettare. Tanto più se chi la negozia è un governo di dilettanti. twitter @ecisnetto