Mercoledì 24 Aprile 2024

Omicidio Ravenna, pm: "Cagnoni sapeva del delitto"

"Alla madre parlò di una rapina" Omicidio Ravenna, Cagnoni resta in carcere. "C'è la sua firma sul sangue di lei"

Matteo Cagnoni

Matteo Cagnoni

Ravenna, 17 ottobre 2016 - SAPEVA  della morte della moglie prima ancora che qualcuno glielo avesse detto. In questa direzione vanno letti i due messaggi inviati alla sua segretaria e a un’amica la notte del fermo. Lo stesso vale per le frasi della madre sull’omicidio della nuora pronunciate in un momento in cui la polizia nulla aveva spiegato del delitto.

Per il Tribunale del Riesame di Bologna, che ha appena deciso di tenerlo in carcere, il fatto il 51enne dermatologo Matteo Cagnoni sapesse in anticipo della morte della moglie, è una prova della sua responsabilità al pari delle impronte lasciate sul sangue di lei e isolate nella loro villa disabitata di via Genocchi a Ravenna dove la donna – Giulia Ballestri di 39 anni – è stata uccisa a bastonate la mattina del 16 settembre.

I GIUDICI  nell’ordinanza adombrano il sospetto che i familiari stretti di Cagnoni sapessero molto di quanto accaduto a Giulia. Per meglio inquadrare il tutto, bisogna tornare indietro alla notte tra il 18 e il 19 settembre. Cagnoni dal giorno del delitto si trova, assieme ai tre figli, nella villa paterna a Firenze. A mezzanotte e mezza nella villa ravennate viene ritrovato il cadavere di Giulia. A mezzanotte e 40, poco dopo l’arrivo della Volante nella casa fiorentina, Cagnoni scappa saltando da una finestra del primo piano. Gli agenti, con lui in fuga (verrà fermato all’alba pieno di graffi) iniziano a perquisire l’immobile. E all’una e 30 si rivolgono alla signora Vanna Costa, madre del dermatologo, per chiederle dove si trovi il figlio e come mai ci siano i tre nipotini in casa.

​LA DONNA, annoteranno poi i due poliziotti a verbale, risponde che «i ragazzi stavano dormendo a casa sua in quanto la mamma era morta in maniera violenta perché uccisa pochi giorni prima da un albanese in occasione di un furto in una villa disabitata di Ravenna».

A quel punto gli agenti fingono di non saperne nulla e le fanno notare che si tratta di una notizia mai pubblicata dai giornali. Lei allora «rispondeva vagamente che l’avrebbero pubblicata in quanto era morta solo da due o tre giorni». L’arrivo di Mario Cagnoni, padre di Matteo, interrompe quel dialogo: l’uomo – proseguono i poliziotti – «si alterava bloccando la moglie e facendo di fatto terminare il colloquio».

Come faceva a quell’ora la madre di Matteo Cagnoni – si domandano i giudici bolognesi – a sapere che il cadavere nella villa ravennate era proprio quello della nuora visto che l’identità della defunta era ancora notizia riservata? E come sapeva che la 39enne era stata uccisa due o tre giorni prima?

È CHIARO che le risposte, anche se non messe nero su bianco, puntano tutte verso Matteo Cagnoni.

Del resto alle 00:23, cioè sette minuti prima del ritrovamento del cadavere, il 51enne scrive a una sua vecchia amica a Ravenna per dirle che quel lunedì dovevano annullare l’appuntamento già concordato dato che era accaduto «un grosso guaio». E alle 00:43 scrive questo alla sua segretaria: «È successa una tragedia». Come faceva a saperlo? Per i giudici del Riesame la risposta è una sola: «Segno evidente e inconfutabile della sua responsabilità nel delitto».