Mercoledì 24 Aprile 2024

Stadium, plusvalenze e campioni: l’impero Juve

Da Delneri a De Ligt: in dieci anni la rivoluzione di Andrea Agnelli. Il ruolo chiave di Conte e Marotta, i colpi e il declino degli avversari

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Il 29 agosto di dieci anni fa la Juventus di Gigi Delneri scivolava al debutto in campionato: 1-0 in casa del Bari. Più che una caduta, un ruzzolone. In tribuna, tutto l’imbarazzo di Andrea, giovane rampante di casa Agnelli, neanche 35 anni e già presidente. Lui non si scompone e ingoia il rospo, il primo di una lunga serie stagionale che vedrà i bianconeri finire settimi in campionato, fuori ai gironi di Europa League e ai quarti di Coppa Italia. Al duo Marotta-Paratici, accolti dal popolo juventino come "quelli della Samp", viene confermata la fiducia. Arrivano Conte in panchina e Pirlo. Poi Vidal, Pogba e via: il resto è storia, a senso unico.

Dal Bari alla Samp: dieci anni dopo, il club di Andrea Agnelli festeggia il nono scudetto consecutivo. Per trovare di meglio bisogna spingersi oltre le Colonne d’Ercole del calcio ’pop’, in Moldavia (10 titoli di fila lo Sheriff Tiraspol) o in Gibilterra, coi 14 del Lincoln. Anche se il record assoluto è del Tafea, 15 scudetti nel campionato di Vanuatu, arcipelago di ottanta isole distribuite su 1.300 km nel sud del Pacifico.

Ma com’ha fatto la Juventus a scavare questo oceano fra sé e le rivali in Italia? La strada che dal "Malaka" Martinez (grande meteora di quel 2010 rimasta a bilancio fino al 2016) porta fino a Cristiano Ronaldo è lastricata di tante scelte giuste, lungimiranti, addirittura avanguardiste. La Juve vede prima delle rivali italiane dove sta andando l’élite europea e si accoda prima di perdere il treno.

Lo Stadium - inaugurato nell’ottobre 2011 - è la madre di tutte le fortune, il motore che fa salire i giri del fatturato. Solo l’impianto di proprietà triplica i ricavi in un anno (da 10 a 31 milioni). Nel 2010-11 la Signora fatturava 172 milioni, contro gli oltre 200 dell’Inter del triplete e del Milan che di lì a poco avrebbe vinto lo scudetto con Allegri e Ibra. La Juve ha rimontato fino a spiccare il volo, arrivando nel 1819 a sforare il tetto dei 600 milioni. In questa lunga finestra temporale, c’è il peso enorme del campo, di un progetto tecnico decollato subito con l’intuizione marottiana di Conte e con tante, tantissime mosse di mercato azzeccate.

Parametri zero a resa mille. Il primo, Pirlo, vale subito lo scacco matto al Milan. A seguire, dal cilindro esce Pogba che diventerà poi una plusvalenza da 70 milioni. La squadra intanto decolla con i risultati e finanzia colpi su colpi in modo esponenziale. I 13 milioni spesi per Vidal, i 15 per Tevez, poi i 32 per Dybala fino ai 90 per Higuain che, di fatto, disarma il Napoli, l’unica credibile rivale in questi anni. Arrivano scudetti e finali di Champions, due con Allegri che nel frattempo ha preso la sedia lasciata da Conte nel ristorante da 100 euro.

L’Europa si nega, ma il progetto spopola. Dagli sponsor che aprono il portafoglio fino a Ronaldo che apre al "colpo del secolo". E’ l’estate 2018, Paratici e Agnelli fiutano la possibilità di arrivare al cinque volte Pallone d’oro, Marotta non è convinto della sostenibilità dell’operazione. Risultato: CR7 arriva a Torino, l’ad saluta di lì a poco per tentare la stessa scalata con l’Inter. Intanto Paratici vince ancora con Allegri, ma buca l’Europa. Ecco, allora, la scommessa Sarri e un altro top player, De Ligt, strappato per 75 milioni al Barça. L’Italia è ancora bianconera. Ora la Champions per il tagliando: dopo dieci anni, ci sta tutto.