Mercoledì 24 Aprile 2024

Michielin: "Che musica questa Formula 1"

La cantante è appassionata fin da bambina: "La prima parola che ho scritto è stata Minardi. Alonso nel cuore, che emozione a Monza"

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di Andrea Spinelli

Lei gli ha dedicato una canzone nell’album “2640” e lui, un anno fa, ha contraccambiato il favore raggiungendola a Sanremo per sostenerla in gara assieme ad Emma. Lui è Fernando Alonso e lei Francesca Michielin, una delle artiste italiane più legate al Circus della Formula Uno. Sempre lo scorso anno, ad esempio, è riuscita pure a coinvolgere Sebastian Vettel nel suo podcast “Maschiacci” per un confronto sul tema della salvaguardia ambientale.

Francesca, da dove arriva questa passione per i motori?

"Da piccola ho imparato letteralmente a leggere su Autosprint. Papà comprava la rivista tutte le settimane e io mi ci esercitavo, preferendola spesso ai libri per bambini che mi riportava a casa la mamma. Ero attratta dai vari modelli di auto e sapevo a memoria i nomi di tutti i piloti. Non per niente una delle prime parole che ho imparato a scrivere è stata: Minardi".

Di tutti quei personaggi che trovava su Autosprint, qual era il più mitologico?

"Ieri come oggi (e domani) Alonso, che quest’anno raggiunge la sua ventesima stagione in Formula Uno e quindi rasenta la mitologia per davvero. Ricordo, però, che fra gli eroi della mia infanzia c’erano pure Schumacher, Coulthard, Barrichello e diversi altri. Da veneta ero poi affezionatissima al team Benetton, che aveva delle auto coloratissime; quando ci mettevamo a giocare con la pista elettrica di mio fratello, la vettura di Schumacher diventava l’oggetto del desiderio di tutti".

L’eroe in tuta e casco integrale più romantico?

"Secondo me Ayrton Senna. Sono rimasta colpita da una sua frase incisa sulla targa-ricordo collocata all’ingresso dell’area paddock all’autodromo di Imola: la vita è troppo breve per farsi dei nemici. Ho sempre visto in Senna un pilota-filosofo, scomparso troppo presto, che si portava nello sguardo la ‘saudade’ del suo paese".

Quanto si ritrova nel testo della “Ayrton” di Paolo Montevecchi, portata al successo da Lucio Dalla?

"Molto perché, come anche ‘Nuvolari’, sempre di Dalla, è una canzone che cerca di umanizzare la figura del grande campione, allentando l’alone mitologico che lo circonda per farcelo sentire vicino".

Cosa ha provato a cantare l’Inno di Mameli all’Autodromo di Monza sei anni fa?

"È stata una delle emozioni più forti della mia vita, ma anche una delle soddisfazioni più grandi. Il momento era solenne, con piloti, meccanici, team manager, pubblico, autorità, immobili ad ascoltarmi, poi il boato delle Frecce Tricolori e infine Fernando che, prima di entrare sulla sua monoposto, viene ad abbracciarmi. In quel momento penso di aver pianto tutte le mie lacrime".

Papà sarà stato orgoglioso.

"Orgogliosissimo. Nonostante dischi e concerti, penso proprio di essermi fatta la mia reputazione d’artista con la nonna andando a Sanremo e con papà cantando il Canto degli Italiani a Monza".

Oggi chi tifa?

"Alonso rimane in un angolo speciale del mio cuore, ma sono tifosa pure di Hamilton, che stimo tanto come pilota che come uomo per i valori che riesce a portare oltre la pista: uno dei pochi con la spiccata propensione a sfruttare la propria popolarità per dare voce a chi non ne ha, tema per me sensibile di cui parlo nell’ultimo album ‘Cani sciolti’".