Mercoledì 24 Aprile 2024

Una nuova era solo rispettando l’universo d’acqua che ci circonda

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di Giuseppe Di Matteo

Lo chiamiamo il Pianeta blu non per caso. La superficie terrestre, infatti, è ricoperta per tre quarti dagli oceani. Che della Terra sono un polmone fondamentale, ma malato. Ecco perché anche quest’anno, in occasione della Giornata mondiale a loro dedicata, che si celebra oggi, ci si soffermerà sui problemi che affliggono i nostri mari. A cominciare dall’emergenza plastica. A dirlo è un report del WWF, secondo il quale la quantità di plastica versata in mare è destinata a raddoppiare entro il 2040. Con gravissime conseguenze per la fauna marina: sono moltissime le specie che, venute a contatto con questo materiale, hanno mostrato segni di impatto. E il mar Mediterraneo è messo malissimo: ogni anno infatti ne finiscono infatti nel suo ventre liquido 570mila tonnellate. Ma nelle sue acque si trova pure la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato. E il rischio è che entro il 2050 esse possano aumentare di ben 4 volte nelle viscere degli oceani. Per non parlare dei danni provocati dal surriscaldamento globale. Stando a uno studio pubblicato su Science Advances, a causa dei cambiamenti climatici gli oceani stanno modificando in modo allarmante, e imprevedibile, le loro caratteristiche: temperatura, correnti, produzione di ossigeno, biomasse di pescato e perfino il colore. "L’acqua degli oceani è preziosa, non solo perché fornisce il 50 percento dell’ossigeno del pianeta, sfama oltre un miliardo di persone e ospita una biodiversità unica, ma anche perché in futuro dovremo berla - spiega Roberto Danovaro, che insegna Biologia Marina ed Ecologia all’Università Politecnica delle Marche -; e però se continuiamo a inquinare il mare berremo e mangeremo il veleno che riversiamo".

Perché, dovremo bere l’acqua degli oceani?

"Sì, attraverso la desalinizzazione. Ovvero la trasformazione dell’acqua salata in acqua dolce. Ci servirà per superare l’attuale crisi idrica e quelle che verranno, sempre più forti ed estese a causa dei cambiamenti climatici globali. Ma non solo. Tutti i trend di consumo e crescita demografica ci dicono che dovremo utilizzare sempre di più le risorse del mare, anche per sfamarci. Ma certo non possiamo continuare a farlo come stiamo facendo ora".

E come, allora?

"Per esempio, attraverso un piano per l’acquacoltura sostenibile. Basta con la pesca selvaggia, dobbiamo imparare a coltivare le macro-alghe e allevare sempre più le bivalve (cozze, ostriche). Ma anche evitare di nutrirci di alcuni tipi di pesci, che rischiano di scomparire. In altre parole, bisogna cambiare approccio".

A cosa serve una giornata come questa?

"A capire che parliamo di cose concrete e che c’è un programma da rispettare. Si chiama Agenda 2030, un piano delle Nazioni Unite che prevede una serie di azioni per raggiungere due obiettivi: transizione ecologica e sostenibilità. Dobbiamo riuscire a ridurre del 55 per cento le emissioni di CO2 e proteggere il 30 percento degli ecosistemi marini e terrestri, come ci chiede anche il nuovo articolo 9 della Costituzione italiana".

Un modello economico sostenibile è possibile?

"Certo. E non riguarda solo gli oceani. Stiamo consumando troppo suolo, cementificandolo, invece di demolire gli ecomostri e ri-naturalizzare i territori. E poi il mare, certo. Che può essere, con i suoi spazi enormi, anche una straordinaria opportunità per lo sviluppo delle energie rinnovabili. Penso soprattutto all’eolico galleggiante al largo".

E nel quotidiano cosa possiamo fare?

"Per salvare gli oceani bisogna anzitutto sapere di cosa parliamo. Il che significa studiare, capire e farsi una cultura ecologica, in questo caso una cultura del mare. Il resto viene di conseguenza".