Giovedì 25 Aprile 2024

Violenza donne, Roma capitale italiana di femminicidi: 14 casi nel 2021

A Roma, per la prima volta il numero dei femminicidi ha superato quello degli uomini assassinati. É la prima città italiana per violenza sulle donne, al secondo posto Milano

La panchina rossa nel giardino dell'Iss di Roma

La panchina rossa nel giardino dell'Iss di Roma

Roma, 25 novembre 2021 – Sono 15 i femminicidi avvenuti negli ultimi undici mesi, dove il numero delle donne uccise è raddoppiato rispetto al 2020 e per la prima volta ha superato quello degli uomini assassinati, facendo di Roma la città italiana con il maggior numero di vittime. È un terribile primato quello romano, con 14 donne uccise a Roma sui 15 femminicidi avvenuti nel Lazio, seguito a distanza da quello di Milano con 8 casi nel 2021 contro i 4 del 2020.

E purtroppo continua a essere l'ambiente domestico e familiare il luogo più a rischio. Ben 13 dei 15 omicidi sono avvenuti infatti in famiglia, mentre i rimanenti due sono collegabili alla sfera amicale. Il 90% dei casi coinvolge vittime e carnefici di nazionalità italiana. Questi alcuni dati realizzati ed elaborati dalla Uil del Lazio e dall'Eures in merito ai femminicidi nella regione laziale nel 2021. 

25 novembre, nasce a Roma uno spazio per aiutare le donne a denunciare la violenza - Roma, donna uccisa in casa: fermato il compagno - 25 novembre, Fiumicino lancia la 'Settimana Rossa' contro la violenza sulle donne

"Donne, non numeri"

Elisa, Clara, Angelica, Chiara, Ada, Alessandra sono soltanto alcune delle donne uccise in questo ultimo anno. Donne non numeri. Ma persone che nella maggior parte dei casi avevano deciso di allontanarsi dal partner violento o da un uomo che non amavano più. Sono infatti la gelosia e il possesso le motivazioni più ricorrenti degli omicidi, seguite da disturbi psichici o, in alcune situazioni minoritarie, dai cosiddetti femminicidi compassionevoli, legati cioè a lunghe malattie della compagna e spesso alla perdita della sua autonomia funzionale.

Tragedie e gesti che l'isolamento e la mancata capacità relazionale hanno ulteriormente acuito e che la convivenza protratta e forzata dei mesi del lockdown ha esasperato. "Ciò non significa che il Covid possa rappresentare una benché minima giustificazione a tali atti - commenta il segretario generale della Uil Lazio, Alberto Civica -, ma sicuramente la pandemia ha impedito a molte donne di poter chiedere aiuto esterno e di dover sopportare quindi conflitti e liti in maniera più continuativa, senza riuscire a evadere da una realtà spesso soffocante e claustrofobica".

L’80% degli autori di femminicidio si toglie la vita

Un ulteriore elemento di approfondimento riguarda il suicidio dell'autore dopo aver commesso il delitto. Al riguardo emerge come tale situazione si verifichi in un numero significativo di casi, soprattutto nell'ultimo biennio: dopo aver commesso l’omicidio, i suicidi interessano il 23,1% degli autori nel 2019 (quando erano pari a 3), il 62,5% nel 2020 (5 in valori assoluti) e il 60% nel 2021 (9 autori sui 15 censiti). La maggior parte degli omicidi-suicidi avviene all'interno della coppia. Tale situazione riguarda infatti ben l'80% dei casi registrati nel 2021, dove 8 dei 10 femminicidi di coppia si sono conclusi anche con il suicidio dell'autore, mentre interessa un terzo dei figli che hanno ucciso la propria madre nel 2021.

Precarietà economica tra o motivi scatenanti

Alla gelosia, al possesso e ai disturbi psichici si aggiunge, come motivazione di forte conflitto all'interno della coppia, anche la precarietà economica che in periodo di Covid è ulteriormente precipitata. Si stima infatti che la pandemia abbia bruciato cinque anni di avanzamento dell'occupazione che in un anno è scesa nel Lazio di ben due punti percentuali - la contrazione più significativa degli ultimi trent'anni - con picchi di circa il meno 3% nella sola città di Roma, prevalentemente per la sua vocazione terziaria.

A farne le spese soprattutto le donne. Tra il 2019 e il 2020 il lavoro femminile scende del 3,1% a livello regionale e del 4% nella Capitale, ovvero 33mila lavoratrici in meno in un anno. "Una situazione di precarietà economica e debolezza che non aiuta certo la donna a fuggire da un contesto spesso opprimente e violento - conclude Civica - precarietà che se da un lato non può assolutamente rappresentare una scusante, dall'altro però può divenire un'aggravante nella perdita di autonomia e fiducia. È anche per questo che bisognerebbe agire in maniera sinergica su più fronti, perché potenziare il lavoro significa anche trasmettere alle donne vittime di contesti violenti maggiore autonomia e forza e aiutarle a sentirsi meno sole. Cose fondamentali che purtroppo le istituzioni non riescono ancora a garantire".