"La terza età? Serve un’allenza con i giovani"

Il romanzo di Lorenzo Sassoli de Bianchi, ’La luna argento’, scandaglia l’universo degli anziani rispetto a una società sempre più egoista

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Qual è il maggior conforto della lettura? Forse dare sfogo all’immaginazione, dirà qualcuno. Ma anche assecondare l’immedesimazione e dunque il sogno di essere altro, di essere altrove, diranno altri. Ma cos’è che ci attraversa il cuore nel girare pagina dopo pagina, nello scorrere delle righe, nel ’sentire’ il contatto della carta tra le nostre mani? E’ la speranza ciò che cerchiamo ogni giorno nella nostra vita. La speranza di un lieto fine, di un sorriso, di una placida rivoluzione a favore di chi ha sofferto, degli ultimi. La speranza altresì di una catartica redenzione che butti in aria tutte le carte della narrazione incanalata su una via di sgomento, perdizione, desolazione.

La speranza non è uno degli ingredienti, ma il valore dell’ultimo libro di Lorenzo Sassoli de Bianchi, ’La luna argento’, mandato alle stampe da Sperling & Kupfer dopo ’La luna rossa’ (2020) e ’La luna bianca’ (2021). Un romanzo coinvolgente, intimo e cinicamente realistico,che racconta con passione, ma fuori da ogni retorica, l’incrocio di esistenze tra il mondo (egoistico) dei giovani e quello (dimesso e dimenticato) degli anziani, anzi dei vecchi. Le due generazioni che maggiormente sono state penalizzate, rimosse negli ultimi decenni.

Sassoli de Bianchi, quanto è difficile ai giorni nostri pronunciare la parola vecchio?

"E’ molto difficile, perché tutti noi viviamo nel mito della giovinezza. E invece dovremmo rivalutare la vecchiaia come base per un’alleanza tra le generazioni. Nel caso del mio libro appunto, quella dei giovani e quella delle persone con esperienza e qualche anno sulle spalle".

Ma oggi questi mondi sono molto distanti?

"Proprio per questo l’alleanza tra generazioni serve sempre di più. Oggi nessuno vuol essere considerato anziano: i vecchi rincorrono il mito dell’eterna giovinezza, i giovani hanno paura di invecchiare. Le rughe sul volto sono invece meravigliose perché raccontano la nostra storia e le nostre esperienze".

Perché il nostro corpo parla al nostro posto?

"Il nostro corpo ci distingue e oggi la vecchiaia non è solo destino biologico ma anche socioculturale. Dunque si deve apparire giovani ad ogni costo. I vecchi sono sempre gli altri. Pensi che in pubblicità si utilizzano come testimonial attori più giovani rispetto alla fascia d’eta a cui ci si rivolge, perché nessuno ama riconoscersi nei propri coetanei. Tutto ciò dimostra vulnerabilità".

Ma Leone Caetani, poeta e protagonista del romanzo, non si rassegna all’essere vecchio come gli altri ospiti dell’ospizio per artisti. Allora esiste una speranza...

"Certo che esiste. Una speranza che trasforma la vecchiaia da ’tempo residuale’ a ’tempo di crescita’ nonostante il corpo si consumi. Vede, penso che questo sia anche un ’romanzo di formazione’ di un... vecchio. Perché, se è vero che all’inizio Leone si fa illudere, pensando di tornare a una vita attiva, poi giungono le tenebre (lui fa il portiere di notte, ndr) e il disincanto e la rassegnazione, fino a un atto di generosità inatteso che lo farà rinascere".

Il protagonista, ma anche gli altri personaggi, quanto sono importanti nella sua narrazione?

"Sono fondamentali, sono loro che, prendendo vita, costruiscono l’incedere della narrazione. La storia si sviluppa e il romanzo si evolve perché i personaggi vivono di una propria vita autonoma e io non li gestisco più. Sono loro che guidano".

Un processo, questo della costruzione di un libro, più delicato o complicato?

"Direi che per quello che mi riguarda, è molto più importante quello che io ho letto di quello che ho scritto".

Ci faccia capire.

"Inizio con un’idea di storia, ma soprattutto di un tema da affrontare. In questo caso è una riflessione sulla terza età. Passo mesi a leggere cose sull’argomento. Poi, appunto, definisco i personaggi. Una volta che lo studio è terminato dedico il mio tempo libero alla scrittura".

La sua è una lettura relativa a saggi, romanzi, ma anche alla poesia. Quanto è importante la poesia in ’La luna argento’?

"E’ un elemento chiave nella narrazione. Le tematiche affrontate rischiavano di rendere le armosfere del libro troppo grevi. Del resto Platone considerava la poesia come il ’linguaggio originale degli dei’. La poesia mi ha anche consentito di sintetizzare concetti che, diversamente, avrebbero appesantito la lettura. La poesia dona ordine al caos del linguaggio. E rende inclini alla speranza. Quella di cui c’è più bisogno oggi, nella nostra complicata società".

 

 

 

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