Mercoledì 24 Aprile 2024

Tav, Tajani punge Salvini: "Pensi a chiudere i centri sociali"

Forza Italia difende l’opera. Lega e 5 Stelle restano distanti anche sul Tap

Gli scontri tra centri sociali e forze dell’ordine durante una manifestazione No tav

Gli scontri tra centri sociali e forze dell’ordine durante una manifestazione No tav

Ro,a, 7 agosto 2018 - Era destino che il nodo irrisolto delle grandi opere a un certo punto saltasse fuori a turbare ulteriormente i rapporti tra i soci contraenti del governo giallo-verde. Va da sé che nella diatriba si butta a capofitto Forza Italia, un po’ perché le grandi opere sono da sempre il cavallo di battaglia di questo partito – in realtà di tutto il centrodestra che, con Berlusconi premier, votò compatto la legge obiettivo del ministro delle infrastrutture Lunardi – e un po’ perché occasione migliore per allargare il solco tra la Lega (favorevole) e M5s ( contrario) non ne potevano trovare.

Così, il numero due azzurro, Antonio Tajani, soffia sul fuoco e tra le righe non risparmia qualche frecciata a Salvini: «Domani andrò a visitare i cantieri della Tav – annuncia –. Un’opera moderna e competitiva che fa crescere il Paese, deve essere realizzata per non restare tagliati fuori dall’Europa, lasciando perdere capricci e violenze di No-tav e dei centri sociali». Non si ferma qui, il presidente del parlamento Ue: «Ho chiesto al ministro dell’interno di chiudere i centri sociali di Torino da cui sono partiti gli ultimi attacchi alle forze dell’ordine e ai cantieri», puntualizza. Con il palese tentativo di mettere con le spalle al muro anche i pentastellati che, come è noto, hanno spalleggiato le proteste contro la linea ferroviaria Torino-Lione in val di Susa.    Ma non è solo questione di Tav. Ci sono anche l’Ilva di Taranto (il più grande stabilimento siderurgico d’Europa), il Tap (il gasdotto tra l’Azerbaigian e l’Europa) insieme a tutta una serie di infrastrutture su cui un giorno sì e l’altro pure si scontrano Lega e M5s. Tanto che domani Di Maio e Salvini si vedranno a Palazzo Chigi per fare il punto con il premier Conte sia sulla Rai sia sulle grandi opere: «Lavoriamo bene insieme – incalza il leader leghista – troveremo una sintesi». 

L’obiettivo di Forza Italia resta quello di far emergere il carattere strategico e non episodico del dissenso. Per essere chiari: non si tratta di questo o quel cantiere specifico, ma di una visione complessiva dello sviluppo che divide i due partiti di maggioranza. E l’incidente sulla tangenziale a Bologna viene considerato, in tal senso esemplare dagli azzurri: «Ciò che è successo in Emilia Romagna dimostra che all’Italia serve un forte sistema di infrastrutture», spiega Tajani. Se Berlusconi punta l’attenzione sulla sicurezza: «Non smetteremo di sollecitare governo e Parlamento ad assumere ulteriori provvedimenti sia sul piano normativo che delle infrasttrutture della rete viaria», durissimi sono la presidente dei senatori Bernini e il deputato Bignami, entrambi bolognesi: «Il tragico evento che ha colpito la città dimostra la fragilità del nostro sistema viario. È necessario intervenire aprendo una nuova arteria a sud, come chiediamo da tempo», affermano in una nota congiunta.

Posizione che suscita l’irritazione dei 5 stelle, i quali parlano di «strumentalizzazione ignobile e vergognosa». In questo quadro in movimento, i pentastellati cercano una via d’uscita senza rompere l’asse con la Lega. Non è un caso se il titolare delle infrastrutture, Toninelli, proponga un referendum: «Faremo consultazioni sulle grandi opere. Se non sono necessarie perché ci sono alternative o sono costose, ci fermeremo prima». Sa perfettamente che un sondaggio popolare darebbe ragione ai contrari alla Tav e dintorni, permettendogli di lavarsene le mani. Della serie: mica lo abbiamo deciso noi, la scelta viene dal popolo sovrano. Sulla stessa linea si piazza il vicepremier Di Maio: «Dire che dobbiamo spendere 10 miliardi per andare da Torino a Lione, quando non riusciamo ad andare da casa nostra a scuola di nostro figlio, secondo me è uno spreco».    Ma la Lega resta inflessibile: avendo messo ieri il timbro in Parlamento su un decreto dignità inviso al suo popolo non ha alcuna intenzione di ripetere a stretto giro la spiacevole esperienza. «Siamo fiduciosi che si troverà un accordo intelligente per andare avanti e non tornare indietro. L’Italia ha bisogno di infrastrutture moderne e di acciaio per le nostre imprese», il succo del ragionamento che si fa nel quartier generale del Carroccio.