Napoli, 3 novembre 2022 – Profitti economici ottenuti attraverso l’usura e il riciclaggio dei soldi sporchi, oltre al controllo del mercato con metodi mafiosi per imporre – anche con le armi – prodotti caseari e materiale edile ai commercianti dell'Avellinese. Sono solo alcuni dei reati contestati ai 25 uomini del Clan Sangermano arrestati oggi al termine di lunghe indagini coordinate della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sequestrati conti e immobili per 30 milioni di euro.
Si tratta di un potente clan camorristico, quello dei Sangermano, con base a San Paolo Bel Sito nel Napoletano e attivo nell'agro nolano e in parte della provincia di Avellino. Attraverso l’uso massiccio di armi, avevano creato un clima permanente di intimidazioni sul territorio che controllavano con la forza e l’estorsione.
Gli arresti
Sono indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza, usura, autoriciclaggio e porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo – quest'ultimi reati aggravati dalle finalità e modalità mafiose – le 25 persone ritenute appartenenti al clan Sangermano, nei confronti dei quali è stata eseguita una ordinanza di custodia cautelare in carcere.
L’inchino della Santa
A dimostrazione della pressante presenza del clan sul territorio, nel corso della processione della patrona del paese, la statua della Santa era stata fatta "inchinare" davanti l'abitazione del capo clan. È quanto documentato dalle indagini sul clan camorristico Sangermano. I carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna e il personale della Dia hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 25 persone, tutte ritenute appartenenti al clan Sangermano.
Le indagini
La lunga attività investigativa, svolta dal 2016 al 2019, ha consentito di evidenziare l'operatività del sodalizio criminale – con base nel Napoletano, a San Paolo Bel Sito – tendente ad affermare "il proprio controllo egemonico sul territorio di interesse, anche con la disponibilità di una importante quantità di armi comuni da sparo", spiegano in una nota dalla Dia.
Le indagini hanno fatto emergere "plurime condotte estorsive poste in essere dal sodalizio attraverso l'imposizione di articoli caseari a numerosi esercizi commerciali della zona, nonché l'induzione degli imprenditori all'acquisto di provviste per l'edilizia da una sola rivendita di riferimento". Il sodalizio si assicurava importanti profitti economici anche attraverso l'attività di riciclaggio, l'illecito esercizio della professione creditizia e "la concorrenza illecita esercitata grazie alla forza di intimidazione promanante dalla perdurante azione associativa sul territorio".
Nel corso delle attività, i carabinieri hanno dato esecuzione anche ad un decreto di sequestro preventivo, per un valore di circa 30 milioni di euro, su immobili – come terreni e fabbricati – società, autovetture e rapporti finanziari. Il provvedimento eseguito "è una misura disposta in sede di indagini preliminari".