Roma, 16 maggio 2018 - Sì, lo so: perché c'è questo, perché non c'è quello. Non è possibile non aver inserito nulla di lui e aver scelto quello là... Le classifiche sono così, fatte per discutere. Figurarsi quando si stratta di scegliere i dieci vinili assolutamente da avere in casa, dieci gocce estratte da un oceano dove si mescolano le correnti di rock, pop, jazz, funky, new wave, country, rap, punk hip hop...
King Crimson, 'In the Court of the Crimson king'
E' del 1969,ma con un sound ancora così moderno da lasciarti senza parole con quella copertina choc dipinta dal povero Barry Godber, morto poco dopo a 23 anni. Mai un disco d'esordio fu così folgorante: la chitarra di Robert Fripp, la voce di cristallo di Greg Lake e i fiati di Ian McDonald scolpiscono un capolavoro del progressive rock. Dall'incipit al napalm di '21st schizoid man' alla dolcezza infinita di 'I talk to the wind'. Indispensabile.
Nirvana, 'Unplugged in New York'
Se un gruppo ha talento, questo emerge anche se gli stacchi la spina. Accadde così con i Nirvana. La band di Kurt Cobain nel 1993 registra un disco acustico dal vivo ai Sony Music Studios di New York. Il volume si abbassa, sparisce il sacro furore di 'Nevermind' però le canzoni non perdono smalto, cambiano solo colore mostrando tutta la loro lancinante bellezza, da 'Come as you are' a 'Something on the way'. Ma è la cover della 'The man who sold the world' di David Bowie a straziarti il cuore, con la voce dolente di un Cobain pronto di lì a poco a scrivere la parola fine alla propria vita. Commovente.
John Lennon, 'Double fantasy'
Certo, vi aspettavate un album dei Beatles, ma per spiazzarvi un po' ecco il disco-testamento di John Lennon. Un album bello e struggente dai mille significati: arrivava dopo un silenzio di 5 anni, spesi a occuparsi del figlio Sean: uscì il 17 novembre del 1980 e poche settimane dopo l'ex Beatle fu ammazzato a revolverate da quel folle di Mark Chapman al quale aveva appena autografato una copia di 'Double fantasy'. E dire che l'hit, assieme a 'Woman', era Just like starting over', ricominciare da capo. Choccante.
U2, 'War'
Quella copertina, col ragazzo già visto sulla cover di 'Boy', ora cresciuto ma con lo sguardo imbronciato e una cicatrice sul labbro. E poi quell'inizio tambureggiante, quasi marziale, scandito dalla batteria di 'Sunday bloody sunday', fu come se il vento avesse spazzato via le nubi. I quattro ragazzi irlandesi stanno decollando, il video nella neve di 'New year's day' li consegnerà al destino e al rock business delle arene oceaniche. Arriveranno altri grandi dischi ('Joshua tree' e 'Achtung baby'), ma la freschezza di 'War' resta imbattibile. Epico.
Clash, 'London calling'
Chiudete porte e finestre, spegnete le luci, assicuratevi che i vicini siano fuori poi alzate il volume e posate la puntina all'inizio del lato A. L'incipit di 'London calling' è la miccia perfetta per farti innamorare di un disco, specie quando ha una cover pazzesca, con la foto di Paul Simonon che sfascia il basso. Album straordinario, mescola rock, reggae, new wave con briciole jazz, 'Lost in a supermarket' e 'Spanish bombs' colpiscono al cuore . Stupefacente.
Jeff Buckley, 'Grace'
L'album dell'eterno rimpianto, così bello da mettersi a piangere, soprattutto pensando che il ragazzo non ne avrebbe incisi altri, perché il povero Jeff morì poco dopo annegato nel Mississippi e i successivi dischi sono postumi, quindi necessariamente imperfetti. Un debutto spettacolare, un acrobata che senza paura cammina sul filo del rock distribuendo gioielli purissimi: 'Eternal life', 'Grace', 'The last goodbye' e una celestiale cover di 'Hallelujah' di Leonard Cohen. Superbo.
Rolling Stones, 'Let it bleed'
A intrigarti basta il riff iniziale di 'Gimme Shelter', col falsetto finale di Mick Jagger che pare studiato apposta per conquistare gli stadi. E poi come dimenticare 'Midnight rambler', ' Live with me', il blues malinconico di 'Love in vain' e 'You can't always get what you want', con quel coro così atipico per una rock band eppure così efficace, tanto che sarà rubato dal cinema ne 'Il grande freddo'. Immortale.
James Brown, 'Live at Apollo'
Nessun potere è più forte della musica nera, e nessuno sul palco ha avuto e avrà mai più carisma di James Brown. Lui col suo mantello argentato gettato platealmente a terra, i suoi capelli cotonati, le giacche pervinca, le collanone dorate e maraglie simbolo di un ragazzo nero che ce l'aveva fatta. Il suo popolo lo adorava e lui dal vivo dava tutto, ballando e facendo ballare. Questo live del 1962 ne è un simbolo perfetto, dalla supplichevole 'Please please please' a 'Try me'. Travolgente.
Bob Dylan, 'Blonde on blonde'
Non c'è solo 'Like a Rolling stone', con quel colpo iniziale di rullante che pare un segnale, anche la ballad 'Just like a woman' e 'Visions of Johanna'. Un doppio album che, grazie anche all'apporto di Al Kooper e Robbie Robertson, farà il botto, chiudendo la trilogia elettrica di un genio irrequieto e instancabile. Nel film 'Alta fedeltà' il commesso del negozio di dischi ne prende una copia e la consegna a uno smarrito acquirente sussurrandogli: "Non dire a nessuno che non avevi 'Blonde on Blonde'...". Epocale.
Pink Floyd, 'The dark side of the moon'
Il disco perfetto, attualissimo, all'avanguardia per quei tempi, con Alan Parsons che studia effetti sonori mai sentiti all'epoca, come l'orologio di 'Time': I Pink Floyd sperimentano, litigano e si stressano, ma quando i nastri sono consegnati si capisce subito che è un'opera che passerà alla storia, rimanendo in classifica per anni. Da 'Us and them', all'hit 'Money' chiudendo con l'indimenticabile 'The great gig of the sky: un pianoforte e la voce di Clare Torry che improvvisa disegnando vertigini irripetibili. La vocalist fu pagata 30 sterline e lei anni dopo fece causa, vincendo. That's rock and roll. Siderale.
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