Giovedì 25 Aprile 2024

Un altro assassinio, Agatha è più viva che mai

La Christie compie 130 anni, il suo Poirot un secolo tondo ma il successo non si ferma. Con Kenneth Branagh pronto ora a indagare sul Nilo

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di Roberto Barbolini

"Un archeologo è il marito migliore che una donna possa avere: più lei invecchia, più lui la troverà interessante": così Agatha Christie commentava il suo felice secondo matrimonio con l’archeologo Max Mallowan, che aveva tredici anni meno di lei. Forte è la tentazione di applicare questa spiritosa boutade anche ai romanzi della Regina del delitto: più invecchiano, più i lettori di tutto il mondo sembrano trovarli interessanti. Ma qui l’archeologia non c’entra niente. A fare di Dame Agatha la scrittrice di lingua inglese più tradotta dopo Shakespeare sono state sicuramente le "piccole cellule grigie" del suo cervello, nelle quali – a detta dell’ineffabile Hercule Poirot – "si trova la soluzione di ogni mistero".

In effetti di misteri ne ha escogitati tanti, Agatha Mary Clarissa Miller – questo il vero nome della Christie, nata in un’agiata famiglia di Torquay il 15 settembre 1890 – a partire da quell’inaugurale Poirot a Styles Court pubblicato cent’anni fa, dove compare per la prima volta il piccolo e azzimato investigatore belga affetto da un complesso di superiorità inversamente proporzionale alla sua statura.

"Un tipo che, a vederlo, era difficile non ridergli in faccia (…). Alto poco più di un metro e mezzo, grassoccio, piuttosto anziano, con un enorme paio di baffi e una testa simile a un uovo": così lo descrive la Christie, che per lui non nutriva particolare simpatia, preferendogli di gran lunga l’altra sua eroina Miss Marple, l’anziana zitella di St. Mary Mead immortalata sullo schermo da Margaret Rutherford (e via via da una schiera d’interpreti, Angela Lansbury inclusa), che fra arsenico e vecchi merletti risolve complicati delitti grazie alla propria "perfetta mente criminale".

Non c’è dubbio: con la sua aria saccente e i baffi impomatati, Poirot non ispira altrettanta simpatia. Invece, o proprio per questo, continua a esercitare una sfida interpretativa per attori di vaglia, in una schiera che va da Albert Finney a Peter Ustinov e, più recentemente, a John Malkovich. Ultimo ma non ultimo Kenneth Branagh, che a tre anni da Assassinio sull’Orient Express firma ora la regia d’una nuova pellicola, in uscita negli Usa il 23 ottobre e in Italia il 26 novembre, in cui impersona Poirot. È il remake di Assassinio sul Nilo, prodotto da Ridley Scott e con protagoniste Annette Bening e “Wonder Woman“ Gal Gadot con addosso – sul grande schermo – la collana col famoso Tiffany Diamond, diamante giallo da 128 carati.

Va ricordato che lo stesso Assassinio sull’Orient Express di Branagh, è stato, nel 2017, un caso cinematografico straordinario: solo in Italia il film ha incassato oltre 14 milioni e mezzo di euro, entrando nella Top 10 dei maggiori successi dell’anno, mentre a livello mondiale ha incassato oltre 350 milioni di dollari, posizionandosi al 34º posto nella classifica mondiale: sull’onda della contentezza di avere un’altra gigantesca gallina (cinematografica) dalle uova d’oro tra le mani, Kenneth è stato più che sollecito nel fare i suoi auguri ad Agatha l’altro ieri, giorno in cui Dame ha compiuto 130 anni.

Intanto, per festeggiare l’anniversario della creatrice e i 100 anni del suo detective, gli Oscar Mondadori stanno ripubblicando l’intera serie dei racconti di Poirot. Segno che anche letterariamente il detective belga non si lascia scalfire dal trionfo generalizzato della violenza noir. Pare incredibile, visto il personaggio così démodé, eppure...

È forse ora d’interrogarsi su che specie di scrittrice sia la Christie. "Il piacere di leggere uno dei suoi gialli è paragonabile solo al piacere di buttarlo via quando l’hai finito" osservava Giorgio Manganelli, intrigato suo malgrado da questa straordinaria artigiana di storie. Il fatto è che l’inesorabile Agatha ha in sé la lucida vena del baro di classe; è una campionessa della dissimulazione onesta, capace di rimettere in discussione la funzione rassicurante e conformista del giallo classico ribaltandone i codici senza darlo a vedere. Non a caso, in uno dei suoi romanzi più celebri, L’assassinio di Roger Ackroyd, il colpevole è il narratore in prima persona. Lo scrittore, sembra dirci la Christie, è un killer seriale che non si fa catturare. E noi lettori, adescati nel gioco, continuiamo vanamente a braccarlo.

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