Giovedì 25 Aprile 2024

The walking dead, i morti viventi sono tra noi. Per l’ultima volta

A 10 anni dalla prima uscita della serie tv incentrata sui mostri dondolanti è stata annunciata la stagione conclusiva di “The Walking Dead“

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Halloween, notte ideale per le streghe. E per i vampiri, le mummie, ma soprattutto per gli zombi. Morti viventi che escono dalle tombe e caracollano lentamente in cerca di cervelli o interiora da mangiare. Mostri le cui origini affondano nella mitologia haitiana, ma che sono stati resi famosi in Occidente da George Romero, con il classico La notte dei morti viventi (1968) e i suoi molti sequel e derivati.

Un genere che, dopo il fulgore degli horror anni Ottanta (chi non si ricorda, almeno, il mitico video di Thriller di Michael Jackson, diretto da John Landis?), sembrava morto e sepolto.

A resuscitarlo – è davvero il termine giusto... – ci ha pensato The Walking Dead, la serie tv che proprio domani compie dieci anni: andò in onda per la prima volta sul canale Amc il 31 ottobre 2010 (in Italia su Fox), ad Halloween appunto.

Basato sull’omonimo fumetto di Robert Kirkman (testi), Tony Moore e Charlie Adlard (disegni), che solo nel nostro Paese (dove arrivò nel 2005 grazie all’editrice reggiana Saldapress, che ne detiene tuttora i diritti) veleggia verso i due milioni di copie vendute, The Walking Dead ha annunciato da poco l’undicesima e ultima stagione. Ma ha subito rilanciato con un nuovo spin off appena trasmesso – World Beyond, che si focalizzerà su personaggi adolescenti – e un lungometraggio sul grande schermo in futuro. Però TWD è diventato soprattutto un fenomeno di costume: basti pensare che le zombie walk – ovvero le coreografiche sfilate abbigliati da non morti, per adulti e bambini – ad Halloween erano ormai un appuntamento fisso in molte città nostrane, sospeso ora per la pandemia.

L’intuizione su cui si basa The Walking Dead è semplice e, allo stesso tempo, rivoluzionaria.

Come ha spiegato il creatore Kirkman, la serie prende le mosse "da dove i film di zombi tradizionali generalmente finiscono": mostra cosa succede dopo che il gruppo di protagonisti sopravvissuti agli attacchi dell’orda riesce a scappare (spesso in elicottero o in barca). Una fuga – se ci si riflette – che è per forza temporanea, in quanto il virus si è ormai propagato nel mondo e dunque non esiste un posto in cui poter vivere al sicuro.

The Walking Dead inizia con un Rick Grimes che si risveglia dal coma in un’Atlanta post-apocalittica, assediata da pericolosi “vaganti“. Il vice sceriffo Grimes (interpretato da Andrew Lincoln) è il fulcro della vicenda, è lui che dovrà guidare il gruppo e prendere delle decisioni difficili, che a volte sbaglierà con risultati letali per le persone a cui tiene. I dialoghi sono lunghi e approfonditi, in TWD. Spesso girano a vuoto, dirà qualche detrattore. Due sono, in particolare, le domande che gli autori pongono a lettori e spettatori.

La prima: che cosa siamo disposti a fare per sopravvivere, anche a perdere l’umanità che ci contraddistingue?

La seconda: è possibile ricostruire la nostra società da zero, su una base più giusta ed equa?

Molto della vicenda – ricca di colpi di scena e momenti toccanti, e con un finale più che degno nel fumetto – è racchiusa in quei due temi fondamentali. Altro punto di forza degli sceneggiatori è aver pensato sviluppi diversi per gli stessi personaggi, nel passaggio dalla carta alla televisione: così il lettore del fumetto non sa quale destino avranno i suoi beniamini nella serie tv, e viceversa. Sui protagonisti si è lavorato a lungo, rendendoli tridimensionali: basti pensare a Negan (interpretato da Jeffrey Dean Morgan), che da violento predatore intraprende un difficile percorso di redenzione.

Ma anche Michonne (Danai Gurira), la guerriera con la spada, e il silenzioso e letale Daryl (Norman Reedus) sono personaggi a cui è difficile non affezionarsi.

Non mancano poi tradimenti dolorosi e morti a sorpresa, più o meno eroiche. E anche alcune cadute di tono o contraddizioni che, in più di dieci anni di episodi, fanno parte della serialità.

Su tutto, c’è l’horror: quello dei jumpscare, ovvero dei ‘salti sulla sedia’, quando un macilento zombi spunta alle spalle e morde uno dei protagonisti (e ora lo aspetta un destino peggiore della morte). Ma anche un orrore più inquietante e claustrofobico, sul modello di Romero, appunto: le orde di zombi – lente e, se si sanno aggirare, relativamente innocue – assomigliano ai poveri e ai reietti di una società, la nostra, sempre più costruita sulle diseguaglianze. La chiave per capire TWD, forse, sta nelle immagini della sigla d’apertura originale: un non morto vaga nei campi di grano da solo, indifeso, senza una meta. Pochi fotogrammi, un attimo. All’improvviso, un’epifania: quello zombi, in fondo, siamo noi.

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