Mercoledì 24 Aprile 2024

Spunta la volta celeste nel trattato di Ipparco

Su un’antica pergamena ritrovata nel 2012 scoperta la prima mappatura notturna del cielo realizzata dal grande astronomo greco

Migration

di Aristide

Malnati

Un antico trattato scientifico con la prima, precisa misurazione del cielo riemerge quasi miracolosamente da una pergamena del V-VI secolo dopo Cristo, che fu recuperata nel 2012 dalle segrete della Biblioteca del Monastero di Santa Caterina del Sinai (Egitto).

Dopo dieci anni di attenta analisi del manoscritto gli studiosi, guidati da Peter Williams, papirologo biblico dell’Università di Cambridge (Inghilterra), sono sicuri: tra le righe di nove delle 146 pagine del Codex Climaci Rescriptus, un elaborato scritto del X-XI secolo con lunghe parti dell’Antico e Nuovo Testamento redatto in ebraico e greco, è ancora leggibile la prima descrizione della volta celeste di notte, realizzata dall’astronomo greco Ipparco di Nicea (190-120 a. C.).

Solo negli ultimi mesi l’analisi foglio per foglio, rigo per rigo, con uno strumento particolare che rileva la variazione dello spettro dei colori su una superficie scrittoria, ha permesso di decifrare quanto giacesse sotto la scrittura del testo biblico del X secolo.

In particolare, in tempi recentissimi, i ricercatori della Early Munuscripts Electronic Library di Rolling Hills Estates in California e della Rochester University a New York hanno appurato che la pergamena in questione è un “palinsesto”, vale a dire che è stata scritta una prima volta nel V secolo, poi abrasa (cancellata) e poi redatta cinque secoli più tardi con l’opera biblica che si legge oggi.

E i testi cancellati che sono riapparsi pian piano agli occhi dei papirologi-detectives si stanno rivelando preziosissimi, in qualche modo rivoluzionari: contengono la più antica descrizione scientifica del cielo ad opera di uno dei padri dell’astronomia antica, quell’Ipparco di Nicea che fu un genio assoluto capace di muoversi appunto tra astronomia e geografia.

Sviluppò accurati modelli per spiegare il moto del sole e della luna e addirittura per primo stimò con precisione la distanza tra la Terra e la Luna. E non è tutto: si applicò con successo anche a matematica e geometria applicandole appunto ai moti di pianeti e luminari; inoltre, avvalendosi di robuste nozioni di trigonometria, parte della geometria di cui è ritenuto il fondatore, riuscì prima di tutti a sviluppare leggi fisse per prevedere le eclissi di sole e di luna, che tanto turbavano le civiltà antiche.

La scoperta, a cui è legato il suo nome e che è valida ancora oggi, è la precessione degli equinozi: un fenomeno che risulta da un movimento della Terra, il quale fa mutare in modo lento ma continuo l’orientamento del suo asse di rotazione rispetto alla sfera delle stelle fisse.

E il genio di Ipparco emerge finalmente in tutta la sua grandezza, consacrato dalla recente decifrazione di quanto riportato dall’antica pergamena: vengono rese note le coordinate stellari raccolte dallo studioso di Nicea in anni di calcoli e osservazioni; le misurazioni sono di una precisione strabiliante, considerato che costituiscono il primo “corpus” organico riguardante tutti i numerosissimi corpi celesti visibili e misurabili dal nostro pianeta a occhio nudo.

È la prima testimonianza concreta del passaggio dall’astronomia antica, basata unicamente sull’osservazione degli astri, a quella moderna che completa l’osservazione con calcoli matematici utili per definire l’esatta posizione dei corpi celesti e le traiettorie che essi compiono. "Ipparco riuscì, dopo secoli di tentativi approssimativi, a ‘matematizzare’ la natura, a iniziare un nuovo approccio nello studio dell’Universo con l’obiettivo di misurare, calcolare e quindi prevedere fenomeni", osserva James Evans, storico dell’Astronomia e tra gli studiosi del testo appena decifrato.

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