Mercoledì 24 Aprile 2024

QUESTIONE DI FEELING

GHEDINA, ambassador del mondiale racconta cortina e le sue discese "decisivi gli attimi prima di Ogni gara"

Kristian Ghedina

Kristian Ghedina

Da oggi al 21 febbraio a Cortina si accendono i riflettori sui Mondiali di sci alpino, di cui Kristian Ghedina, il più grande discesista nella storia dello sci italiano con 13 vittorie in Coppa del Mondo, è ambassador.

Cosa significa questo incarico?

"Quando me l’hanno chiesto, cinque anni fa, ne sono stato profondamente onorato. Se ti chiamano a rappresentare un Mondiale, a metterci la faccia, capisci che in fondo un segno in questo sport l’hai lasciato".

Di segni ne ha lasciati tanti, come quella spaccata a Kitzbühel...

"La spaccata è finita per diventare il mio tratto distintivo, ma quella fu davvero improvvisata. L’avevo fatta per scherzo durante l’allenamento sulla Streif alla mattina, prima della gara, a poca velocità. Mio cugino, che era venuto con me in Austria, vedendomi mi chiese se fossi matto. Gli risposi che quello era il mio pane quotidiano e lui mi accusò di essere uno sbruffone, che non avrei mai avuto il coraggio di rifarla in gara. E invece l’ho fatta, a 140 chilometri orari. Ho vinto la scommessa".

Il rischio non le ha mai fatto paura. Al contrario, sembra che l’abbia sempre ricercato...

"C’è un aneddoto che penso di non avere mai raccontato. Ero a Whistler Mountain, la gara era stata annullata per maltempo. La FIS ci aveva comunque autorizzati a scendere sul tracciato per rientrare a valle, e noi atleti sciavamo in fila indiana, a una ventina di metri uno dall’altro. A metà pista c’era il big jump, il salto grande, e i due atleti davanti a me hanno fatto rispettivamente un daffy (un salto con gli sci raccolti, ndr) e una spaccata. Ho pensato: devo fare qualcosa di diverso, di folle. E ho fatto un salto mortale. A 80 chilometri orari. Roba da restarci secco. Fotografo e pubblico se n’erano andati e quando lo raccontai ai miei amici, non essendoci testimonianze, nessuno mi credette. Anni dopo, in un viaggio in Russia, incontrai un uomo presente quel giorno a Whistler Mountain, mi vide. I miei amici si sono dovuti ricredere".

Quello di quest’anno sarà un Mondiale senza pubblico. Cosa significa per un atleta?

"Mentre sei in pista hai il paraocchi, non pensi al pubblico, ma ad arrivare primo. Però quando finisci una gara, soprattutto se sali sul podio, la cosa più bella è festeggiare con gli amici e la famiglia. Vincere senza celebrare la vittoria è come una torta senza la panna: sei contento, ma manca qualcosa".

Un Mondiale che però avrà una forte componente mediatica e soprattutto un’ingente eredità sul territorio...

"Tutto è stato studiato con l’obiettivo di non creare cattedrali nel deserto. Le infrastrutture funzionali alle gare, ma anche gli impianti a fune, i collegamenti, i parcheggi, gli hotel, resteranno come legacy a Cortina. Il mio sogno è che questo aiuti a far ritornare quel bel turismo di un tempo, che la località possa migliorare notevolmente sia per gli ospiti che per i suoi cittadini".

Recentemente ha raccontato che prima delle gare ascoltava Laura Pausini a tutto volume per allenare la tensione della gara. Altri rituali, gesti scaramantici?

"All’inizio indossavo sempre gli stessi indumenti. Puliti, sia chiaro, ma sempre lo stesso dolcevita, calze e calzamaglia. Una volta vecchie le ho dismesse e ho capito che bastavo a me stesso, non avevo bisogno di superstizioni. Una cosa, però, non è mai passata: la necessità di fare riscaldamento sugli sci prima delle gare, sentire la neve sotto le lamine, trovare il giusto feeling con la pista. Quello sì, sempre".

L’ultima novità di casa Ghedina è la nascita di suo figlio Natan pochi mesi fa. Quali sono ora i suoi progetti?

"A Cortina ho la mia scuola di sci, M’over, che è il mio futuro. E ho appena partecipato come giudice a Campioni di Domani, un talent sui giovani e sullo sci, in onda dal 9 al 19 febbraio su Rai 2. Ma la vera priorità adesso è mio figlio".

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