di Aristide Malnati Una catastrofe ineguagliabile, che a quasi duemila anni di distanza può essere rivissuta quasi in diretta. Fisici, vulcanologi, climatologi e ovviamente anche storici hanno portato a compimento lo studio più dettagliato ed esaustivo sulla più famosa eruzione vulcanica della storia, quella del Vesuvio che colpì Pompei e i villaggi vicini, seminando terrore e morte ovunque. Un lavoro eccellente ad opera di un équipe internazionale e pluridisciplinale, a forte presenza italiana (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Istituto di Geologia ambientale e Geo-ingegneria del CNR e il Centro interdisciplinare per lo studio degli effetti del cambiamento climatico dell’Università di Pisa), ha raggiunto conclusioni sicure che hanno meglio precisato il decorso dell’accadimento. Eventi drammatici che si arricchiscono di particolari tragici: in primo luogo la furia del vulcano si verificò su un arco temporale di otto fasi. "Una serie di eruzioni successive di intensità decrescente. La prima è stata la più terribile, simile all’esplosione di un certo numero di ordigni atomici tutti insieme; un’esplosione capace di sollevare una colonna di ceneri di otto km di altezza, che raggiunse addirittura la Grecia, creando un brusco innalzamento della temperatura anche in zone distanti dal Vesuvio", precisa Mauro Antonio Di Vito. Emergono nuovi elementi, climatici e geologici, che ben lasciano immaginare la devastante furia della lava: una nube piroclastica capace di essere visibile all’orizzonte per centinaia di chilometri, e quindi capace di annientare qualsiasi forma di vita, anche sotto il mare in tutta la baia circostante (anche questo aspetto è stato accertato dai recenti studi). Una tragedia immane che avvenne appunto nel 79 d. C., ma in autunno inoltrato – tra il 24 e il 25 ottobre – e non la notte tra il 24 e il 25 agosto, come si credeva sulla base di una lettera di Plinio il giovane allo storico Tacito, ...
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