Giovedì 25 Aprile 2024

"Noi, madri chiamate a giudicare i mafiosi" Le eroine normali del maxiprocesso di Palermo

di Beatrice Bertuccioli

Chi è Francesca Vitale? E Teresa Cerniglia? E Maddalena Cucchiara? Tutti sanno chi è Tommaso Buscetta ma non molti conoscono queste tre signore. Sono tre donne da onorare per il loro coraggio e senso dello Stato che, mentre moltissimi si tiravano indietro, accettarono il ruolo delicato, non privo di rischi per loro e la loro famiglia, di giudici popolari nel Maxiprocesso. Ricorda il loro impegno e rende loro omaggio Io, una giudice popolare al Maxiprocesso, una docufiction in onda questa sera su Raiuno, con Donatella Finocchiaro nel personaggio di Caterina Parisi che riassume in sé caratteri ed esperienze delle tre giurate.

Un omaggio, firmato da Francesco Miccichè, che va anche a Mario Lombardo, giornalista de L’Ora di Palermo, anche lui giudice popolare in quello storico processo a Cosa Nostra, scomparso nel maggio scorso dopo avere collaborato alla realizzazione di questo lavoro. Una ricostruzione di quella storica pagina di lotta alla mafia che fonde immagini di repertorio, fiction (ma in cui nulla è finto o inventato, a cominciare dall’aula bunker) e interviste fatte adesso ai protagonisti di quel processo, dalle giurate popolari al presidente del Tribunale, Alfonso Giordano (nella finzione Nino Frassica), a Giuseppe Ayala, pubblico ministero nel Maxiprocesso, e Pietro Grasso, giudice a latere.

"Nel 1986-87, la sede Rai di Palermo fece una scelta di grande avvedutezza. Decise di riprendere interamente i quasi due anni del Maxiprocesso. Le 1340 cassette rimasero al Tribunale di Palermo che, quattro anni fa, ci ha contattati per segnalarci che quel prezioso materiale si stava rovinando. "Rai Teche lo ha digitalizzato e ora lo conserva nei suoi archivi", spiega Maria Pia Ammirati, ex direttore di Rai Teche che ha da poco assunto la direzione di Rai Fiction, ieri alla sua prima conferenza stampa.

Una documentazione importantissima che restituisce la drammaticità di quei giorni, le immagini di quelle belve nelle gabbie, alcuni agghiaccianti racconti.

Come quello del pentito Vincenzo Sinagra sulla “camera della morte”, dove la vittima designata veniva prima torturata, quindi strangolata e infine sciolta nell’acido. "A testa in giù in un bidone – precisa Sinagra – e in un quarto d’ora, venti minuti non c’era più, diventava liquido".

E i giudici popolari atterriti ad ascoltare. "Erano persone normali, non eroine e nemmeno donne di legge. Erano moglie e madri – sottolinea Donatella Finocchiaro – che fino a quel momento si erano occupate della famiglia e di colpo sono state investite di una responsabilità enorme, giudicare la mafia. Donne la cui vita è stata sconvolta per i quasi due anni del Maxiprocesso ma che per senso civico, mentre la maggior parte degli interpellati presentava un certificato medico e si defilava, affrontarono questo impegno. Per me, come attrice, come siciliana, è un onore ricordarle con la mia interpretazione".

Per Frassica, fuoriclasse della comicità, un ruolo insolito, per cui ha anche accettato di tagliarsi i baffi. "Raramente mi chiamano per parti di questo tipo, serie. Con naturalezza – spiega l’attore – mi sono avvicinato alla figura di Alfonso Giordano, che accettò l’incarico di presidente del Tribunale mentre altri undici prima di lui si erano rifiutati. Un gran signore, come quelli di una volta".

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