Mercoledì 24 Aprile 2024

Mio fratello rincorre i dinosauri, i genitori di Antonio: "Star oltre le barriere"

Pisa, bimbo down di 4 anni nel film con Gassmann. I genitori: sul set ha trovato sicurezza

Antonio Uras (Germogli)

Antonio Uras (Germogli)

Capannoli (Pisa), 5 settembre 2019 - Il giorno prima del debutto sul grande schermo nazionale l’attore Antonio Uras si gode sul divano di casa uno dei suoi programmi preferiti: una replica del cartone animato Masha & Orso. Sotto un casco di capelli castani, sfodera un sorriso sbarazzino e risponde schiacciando il cinque come un divo americano: "Ci vediamo al cinema". Ebbene, Antonio, 4 anni e mezzo portati con disinvolta allegria su un viso impertinente di chi l’ha combinata perennemente grossa, convive con la sindrome di down. Ma è tanto travolgente che risulta facile capire il perché Rai Cinema si sia innamorata di lui affidandogli uno dei ruoli da protagonista nel film Mio fratello rincorre i dinosauri che o oggi approda in tutte le sale cinematografiche d’Italia dopo essere stato presentato alla mostra di Venezia.    Una salita ripida e stretta, come nei paesi di un tempo, conduce alla casa dove abita con papà Salvatore, mamma Matilde e il fratellino Mattia (2 anni). Nel piccolo borgo di Capannoli, realtà fra le colline da cartolina del pisano, Antonio è già una celebrità. Sul set ha recitato al fianco di Alessandro Gassmann e Isabella Ragonese interpretando il ruolo di un bambino down non accettato dal fratello più grande che prima lo rinnega e poi se ne innamora follemente.

Papà Salvatore, mamma Matilde: la trama del film è simile a quella della vostra vita?

"Non proprio, ma le analogie hanno profonde radici comuni. Noi siamo i genitori e un figlio lo accetti sempre e comunque. Forse per un fratello è più difficile confrontarsi con la realtà della disabilità. Anche noi, tuttavia, abbiamo provato quella paura e quello smarrimento di fronte alla diagnosi: ‘Suo figlio ha la sindrome di down’. Il futuro che avevi pensato per lui crolla. E i fantasmi scendono nel cuore come tenebre. Poi ti chiedi: cosa sappiamo noi, davvero, della sindrome di down?".

Che cosa?

"Poco, nulla. E allora inizia il percorso. È un cammino zeppo di curve come racconta la pellicola tratta dal libro, best seller, di Giacomo Mazzariol. Poi però si giunge al traguardo".

Quale?

"Questi bambini sono essere speciali".

Parola abusata, non trova?

"Anche noi lo credevamo. Tuttavia quando conosci Antonio, quando vivi con lui ogni giorno, non ti ricordi più della sua sindrome. Lo osservi, giochi, ci parli e lo ami perché è semplicemente unico. Un essere senza filtri con emozioni e sentimenti. È vero". 

Film del genere possono davvero aiutare a confrontarsi in modo diverso con la disabilità?

"Senza dubbio. E aiutano tutti. Antonio sul set ha trovato sicurezza, si è divertito. Gassmann e Ragonese, poi, sono stati come genitori per lui. Per la famiglia, inoltre, è stata una esperienza inaspettata ed entusiasmante. Ma c’è di più. Chi ha visto il film esce dalla sala più consapevole. Pellicole simili portano messaggi autentici e quindi colpiscono davvero". 

Cosa crede che penserà Antonio, quando sarà grande e rivedrà il film?

"Sarà contento. Ma servirà molto anche a suo fratello Mattia. Ne siamo certi".

Come è nata l’idea del provino?

"Per caso. In una chat con genitori di altre famiglie con i bimbi down è comparso un annuncio. Per gioco siamo andati al provino. E in pochi giorni abbiamo avuto una risposta sorprendente: Antonio era stato preso".

E oggi è una star...

"Sì, la nostra grande e meravigliosa stella".  

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