Giovedì 25 Aprile 2024

"Matteotti, ignorato dal Pci e ucciso dal Duce"

In un romanzo storico gli studi del senatore Nencini confutano le tesi di De Felice e Scurati: "Fu Mussolini a ordinare l’esecuzione"

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di Luigi Caroppo

Coraggioso e solo, come molti eroi. Giacomo Matteotti è stato rapito per essere ucciso, Mussolini sapeva e voleva. E il Pci lo vedeva come un nemico, o quasi.

La sua storia politica, dall’ascesa alla tragedia, è raccontata da Riccardo Nencini, senatore del Psi e scrittore, in Solo (Mondadori). Romanzo storico in cui si intrecciano i risultati della sua ricerca archivistica di oltre due anni con la ricostruzione della vita vissuta del deputato socialista, simbolo antifascista.

"Riformista, coerente, tenace", sottolinea Nencini su Matteotti. In una parola, "un galantuomo". E solo perché "è tra i pochissimi a comprendere che il fascismo è un fenomeno nuovo: il partito corrisponde alle bande armate e punta ad occupare lo Stato". E solo "perché è irriducibile". Tra il 1919 e il 1924 "non cessa mai di combattere Mussolini e il fascismo quando larga parte dei liberali, dei cattolici sposano quell’idea e i comunisti latitano nella lotta, convinti, come sono, che il fascismo costituisca l’ultimo stadio del governo della borghesia prima della rivoluzione".

Se non fosse stato ucciso e il suo corpo offeso (fu evirato "come ultima umiliazione") "non si sarebbe piegato, avrebbe continuato a svergognare il fascismo all’estero". Ma la sentenza era stata emessa: "Lo avrebbero ucciso comunque come accadde a Gobetti, ad Amendola, a chi si oppose senza compromessi" sottolinea Nencini.

L’omicidio Matteotti è sempre stato letto in due modi. "Una parte degli storici diceva che dietro l’omicidio ci fosse direttamente la mano di Mussolini. Un’altra parte invece, da De Felice fino a Scurati, autore di M. il figlio del secolo, sostiene invece che dietro non ci sia Mussolini, ma che l’omicidio nasca da un’idea di due suoi collaboratori, Marinelli e Cesare Rossi. La mia opinione è che vi sia direttamente Mussolini".

Il dittatore "è come il capo mafia". Non ordina, allude. "Secondo, il protagonista del rapimento e dell’omicidio Matteotti è un fiorentino, Amerigo Dumini. Nel gennaio del ’24 (il rapimento è avvenuto il 10 giugno) viene scelto da Mussolini come il capo della Ceka, la polizia segreta del Duce. Dumini che si muove senza avere il via libera per un rapimento che poi diventa omicidio del leader della opposizione è una cosa che non si capirebbe senza un ordine diretto".

Terzo: "Matteotti aveva in mano notizie e probabilmente anche documenti su tangenti petrolifere e altro". La tesi di Nencini (rapimento per ucciderlo) è corroborata da biografi di Matteotti come i professori Stefano Caretti, Giuseppe Tamburrano e Gaetano Arfè "oltre che da Amendola, Gobetti, Lussu, Turati fino allo storico Emilio Gentile".

Il deputato socialista era una spina nel fianco a Mussolini, voce libera e stratega politico d’opposizione: "Dopo le elezioni dell’aprile 1924, con Mussolini che vanta una maggioranza granitica, Matteotti capisce che la partita è persa per sempre".

Ma non molla. Restano due cose da fare: attaccare il Duce all’estero e spingere fino alle estreme conseguenze l’opposizione a lui a al fascismo. "Matteotti - ricorda Nencini - ne parla con Elia Musatti, deputato socialista riformista veneziano e soprattutto amico fraterno. Ne parlerà di nuovo con Oda Olberg, giornalista socialdemocratica tedesca, in un congresso a Bruxelles". Non c’è giorno che Matteotti non attacchi Mussolini. Su tutto: bilancio, ruberie, tangenti, aggressioni e omicidi, sul suo passato di socialista che ha tradito gli ideali, su tutto.

"L’intervento del 30 maggio 1924 sui brogli elettorali, quello che lo ha reso famoso, non è altro che un episodio tra tanti. Intervenne in aula per caso, su un argomento che non era all’ordine del giorno".

E i comunisti? Il Partito comunista di Gramsci ebbe nella vicenda un comportamento corretto? "Assolutamente no, ipotesi che non sta in terra - sentenzia Nencini - . Al contrario dai comunisti vi fu una opposizione violenta e fortissima contro i socialisti unitari, quindi indirizzata contro Turati, Treves, Matteotti". Non appena il cadavere di Matteotti viene disseppellito, nell’agosto del 1924, Gramsci scrive un pezzo inequivocabile, ricorda Nencini: “È morto il pellegrino del nulla”. Nel fondo un attacco inaudito verso il martire socialista e la sua politica".

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