Venerdì 26 Aprile 2024

La voce d’oro del Duce (che scelse Roosevelt)

Le tante vite di Lisa Sergio: in Italia traduttrice e speaker alla radio dei discorsi di Mussolini, poi antinazista Usa amica della First Lady

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di Lorenzo Guadagnucci

Una diva della radio, una fervente fascista, una donna affascinante, una possibile spia, un’accesa antifascista, una sospetta comunista, l’amante di un ministro, l’amica di un premio Nobel e di una First Lady, una mezza millantatrice, un’ammirata intellettuale: tutto in un’unica persona. Il meno che si possa dire di Lisa Sergio, nata a Firenze nel 1905, morta a Washington nel 1989, è che la sua vita è stata una specie di corsa sulle montagne russe, piena di sorprese, di successi, di enigmi e anche di cadute rovinose. Una vita che lei stesso provò a raccontare – col suo stile più portato al verosimile che al vero – in un’autobiografia però mai completata.

Sandro Gerbi, autore di una meticolosa biografia – La voce d’oro di Mussolini, pubblicato da Neri Pozza – dice che Lisa Sergio "visse tre volte": la prima nell’Italia in camicia nera dei suoi anni giovanili, le altre negli Stati Uniti della guerra e poi del maccartismo. Per provare a capire chi fu Lisa Sergio e come riuscì a destreggiarsi fra Vecchio e Nuovo Continente, pur fra mille ambiguità, bisogna calarsi nella società degli anni Trenta e Quaranta, quando la radio occupava il centro della scena. Pare che Lisa – da buona bilingue allevata nella comunità degli inglesi fiorentini di inizio ’900 – avesse una dizione perfetta e un’innata eleganza, oltre a un’intraprendenza fuori dal comune, tale da permetterle di imporsi, pressoché unica donna al mondo, come “voce della radio“ su temi politici e d’attualità.

Aveva cominciato come giornalista nella sua città natale in piccoli periodici destinati agli anglo-fiorentini e ai tanti turisti anglofoni di passaggio, e da lì decollò verso Roma, guadagnandosi i primi contratti nei ministeri dello stato fascista. Quando approdò ai servizi per l’estero (anche in francese) del ministero della Propaganda, guidato dal genero del Duce Galeazzo Ciano, ebbe la tribuna, anzi il microfono che le avrebbe permesso di guadagnare il titolo di “The golden voice“ di Roma, la voce d’oro di Roma, come la definivano i giornali inglesi, affascinati dalla sua grazia.

Fu lei a tradurre e trasmettere via radio al mondo il famoso discorso del capo del fascismo all’indomani della conquista dell’Etiopia, il 9 maggio 1936: "Levate in alto, o legionari, le insegne, il ferro e i cuori per salutare, dopo quindici secoli, la riapparizione dell’Impero sui colli fatali di Roma. Ne sarete voi degni?". Fatali i colli romani ma fatale, per Lisa Sergio, anche il 1936, l’anno – fra l’altro – dell’Asse Roma-Berlino, anche questo reso noto al mondo con la sua voce: toccato quest’apice, cominciarono le sue disgrazie, fino al licenziamento della primavera del ’37. Sì, perché “The golden voice“ di Mussolini fu messa brutalmente alla porta. Lei, in seguito, accreditò la tesi di una punizione per il suo nascente antifascismo, ma più probabilmente fu allontanata perché parlava troppo, anche nei salotti e nei frequenti colloqui coi giornalisti stranieri, della sua relazione con Galeazzo Ciano, una tresca che nel ’34 le era costata anche un aborto clandestino in Francia. Troppo indiscreta, dunque, troppo ciarliera.

Lasciata l’Italia grazie al biglietto di prima classe per il transatlantico e alle 500 lire in contanti forniti nientemeno che dall’amico Guglielmo Marconi, Lisa Sergio arrivò a New York già famosa per i suoi trascorsi al servizio del duce e si inserì rapidamente nell’ambiente radiofonico della Grande Mela, grazie all’accorata lettera di raccomandazione firmata dall’inventore della radio, che sarebbe morto pochi mesi dopo; da semplice annunciatrice diventò presto analista e commentatrice, con rubriche di politica internazionale che le portarono fama e credibilità. E dire che all’inizio dell’esperienza Oltreoceano non aveva del tutto abbandonato la fiducia nel fascismo e nel suo duce, nonostante la fine ingloriosa della sua missione nei servizi di propaganda del regime. Si convertì comunque alla democrazia statunitense e ne fu una convinta sostenitrice negli anni della guerra, nei servizi radiofonici sul “fronte interno“; diventò in quegli anni amica personale di Eleanor Roosevelt, moglie del presidente del New Deal e della guerra al nazismo, oltre che attivista per i diritti umani. Eppure, nel ’46, fu nuovamente licenziata in tronco, stavolta su pressione dell’Fbi.

Visse i funesti anni del maccartismo con amarezza profonda e serie difficoltà materiali, ma senza disperarsi, forte di una stima diffusa che in fondo non venne mai meno e che le permise di mantenere un’intensa attività di conferenziera. Ritrovò col tempo considerazione da parte delle istituzioni: le furono affidate missioni all’estero, diventò anche amica – nella fase finale della sua vita – dei reali di Giordania.

Lisa Sergio ha attraversato il ’900 come una stella dalla luce intermittente; non dimenticò mai l’Italia, dove tornò spesso per visite private, ma l’Italia ha dimenticato lei.

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