
Nel centenario della nascita, Critica liberale rilancia la figura di Antonio Cederna (nella foto), con un libro che raccoglie studi, proposte di legge e articoli pubblicati tra il 1949 e il 1993, per fare in modo che i suoi scritti siano ricordati, riletti, utilizzati per riflettere e progettare un futuro migliore. Con lo stesso spirito che animava l’uomo che fu archeologo e ambientalista, anzi “paesaggista“, che era quello di "risvegliare nelle menti e nei cuori degli italiani un senso di responsabilità verso la natura, l’ecosistema, la bellezza e la conservazione dei beni comuni".
Un’eredità che hanno provato a raccogliere, in occasione di una giornata di riflessione sulla sua opera e sugli scritti raccolti nel libro Un giro d’orizzonte (Biblion Edizioni, 442 pagine). Curato da Andrea Costa, a lungo esponente di Italia Nostra, e da Sauro Turroni, architetto e urbanista, già parlamentare dei Verdi, il libro raccoglie le denunce di Cederna su alcuni dei maggiori scempi perpetrati a danno del patrimonio urbanistico e ambientale dal dopoguerra: dallo sventramento dei centri storici alla lottizzazione di parchi e litorali, dalla speculazione edilizia alla distruzione o manomissione dei beni culturali. Come l’articolo scritto per il Corriere della Sera nel 1971, Il napalm sulle vestigia dell’Urbe, o il lungimirante avvertimento che lanciava due anni dopo dalle colonne dello stesso giornale: Perché l’Italia frana quando piove.
È un "saccheggio" di territorio e ambiente, quello che racconta, raggiunto anche grazie alla "complice ignoranza" di politici e amministratori. I curatori definiscono Cederna un "conservazionista", per la sua indole a mettere insieme l’approccio scientifico a quello culturale con l’unico intento di difendere il "paesaggio", così come lo intendeva Benedetto Croce quando, per tutelare insieme le "maggiori bellezze d’Italia, quelle naturali e quelle artistiche", diede il nome alla prima legge che se ne occupò.