Venerdì 26 Aprile 2024

La grinta di Francesca Michielin: "Canto per scuotere"

Il nuovo album Cani sciolti. "Compiacere chi ascolta non basta, gli artisti devono fare qualcosa in più"

Una lacrima sul viso. Sì, ma rovente come la sciara del vulcano. È una Francesca Michielin che piange fuoco, quella che sulla copertina del nuovo album Cani sciolti, in uscita venerdì, mette in mostra le sue laviche fragilità di (quasi) ventottenne. "Sabato compio gli anni e, non amando rimanere con le mani in mano, mi regalo un disco e un tour, al via domani e giovedì dal Teatro Remondini della mia Bassano" ammette lei, citando Calvino nel ricordare che "quando ti senti fragile, sei soltanto giovane". I “cani sciolti” di cui parla questo quinto progetto in studio della cantante-conduttrice veneta sono le persone che scartano di lato il gregge, che rifiutano di stare in uno schema predefinito.

"Avendo fatto il classico, so che ‘sciolto’ deriva da ‘absolutus’, incondizionato, a sé stante – racconta –. Dopo 10-12 anni di canzoni, mi sono chiesta cosa debba fare un’artista oggi. E la risposta sta in questo disco, dove mi sono presa tutte le libertà che cercavo e che volevo, passando, con la complicità di Giovanni Pallotti, dalla scrittura, agli arrangiamenti, alla produzione. Il concetto del dolore trasformato in energia si riallaccia a temi del passato come quelli di Vulcano e più in generale di un album come 2640 che considero una specie di sorella minore, più conciliante e meno inca**ata, di Cani sciolti ".

I temi sono tanti. Ghetto perfetto e Padova può ucciderti più di Milano puntano il dito su razzismo e ipocrisia.

"Sono cresciuta in Veneto dove non esistono metropoli. Padova, però, è una città straordinaria per tanti motivi, ma allo stesso tempo è pure una città di differenze. Molti miei amici se ne sono andati via anche per questo. Nel brano un ragionamento da credente mi porta a concludere che non ha senso andare in chiesa, ma poi essere razzisti e non pensare che se Gesù fosse stato un migrante sarebbe stato respinto come accade oggi a tanti".

Dietro Carmen c’è la Consoli.

"Sì, perché la canzone è nata da un nostro dialogo dopo un suo concerto a Padova. Carmen è sempre stata un ‘cane sciolto’, un simbolo di un ‘cantautorato dissidente’ perché riesce a portare in ogni occasione una sua verità. Così nella realizzazione di questo disco è stata un po’ il mio spirito guida".

La canzone si fa particolarmente polemica quando dice “Dove sono gli artisti? Vedo solo populisti”.

"I cantautori, ma anche gli interpreti, non dovrebbero dimenticare il ruolo che hanno. Un artista non può solo compiacere, ma a volte stare anche sul ca**o. Ci sono i pezzi per baciarsi e ballare, e io ne ho scritti diversi, ma non possono essere i soli. Occorre trasmettere qualche cosa di più, scuotere".

Che impressione le ha fatto vedere Mengoni salire sul gradino più alto del Festival?

"Marco a Sanremo avrebbe potuto vantarsi di essere arrivato primo e invece ha dedicato la vittoria alle donne, assenti dalla cinquina finale. L’ha fatto per accendere una luce sulla questione. Fino a qualche anno fa una cinquina interamente al maschile non avrebbe destato sospetti, invece oggi ce ne accorgiamo. Evidentemente sta cambiando la percezione collettiva. E questa è la cosa più importante".

Claudia , un altro pezzo del disco, parla di amori femminili. Avrebbe potuto trovare spazio a Sanremo 2023?

"Per l’arrangiamento e per il testo sì. Ma non avrei avuto tempo di mettermi in una macchina complessa come quella del Festival. L’ho scritta come un piccolo manifesto per quelle donne che non hanno mai potuto dire che amano un’altra donna. Dice che la gente non ha niente da fare ma mille cose da dire perché spesso l’orientamento sessuale di una persona diventa oggetto di domande spesso fastidiose, maleducate. Il mio invito è quello ad andare oltre".

Lei che ci ha duettato Chiamami per nome , come ha vissuto l’onda di polemiche che s’è rovesciata su Fedez?

"Che gli vuoi dire? Lui è fatto così. Ricordo solo che nel 2021 ha messo un frammento della nostra canzone sul web e per poco non ci squalificano".

Perché ha deciso di tornare a vivere a Bassano del Grappa?

"Credo nell’autenticità, nella verità e nel senso di comunità della provincia. Dopo sei anni a Milano, ho sentito la mancanza di quel senso della lentezza".

Fuga o ritorno?

"Ai tempi della pandemia è stata una fuga, oggi più un ritorno".

Rifarà X-Factor?

"Non saprei. Vediamo. Riguardando la mia carriera però, penso che avrei potuto vincere X-Factor solo a 16 anni, perché avevo l’incoscienza giusta".

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