Mercoledì 24 Aprile 2024

"JFK ucciso perché voleva la pace con l’Urss"

Oliver Stone sulla Croisette col suo nuovo documentario. Mentre fa discutere il film-intervista al dittatore kazako che definisce "modesto"

Migration

CANNES

Personaggio controverso, Oliver Stone. Americano, eroe della guerra del Vietnam, regista di film formidabili come Platoon o Nato il 4 luglio, ma anche estremamente critico verso il suo Paese. Autore di un film come JFK, che sostiene fermamente l’idea che ad assassinare John Fitzgerald Kennedy sia stato un complotto dalle vaste ramificazioni, e non l’opera di un singolo folle: ieri, a Cannes, Oliver Stone ha presentato JFK Revisited: Trough the Looking Glass.

Questo documentario è stato già venduto in numerosi paesi, compresa l’Italia – lo distribuirà Ia Wonder Pictures. Trent’anni dopo il suo JFK, il regista ritorna con uno sguardo più profondo sulla morte del presidente Usa, con prove declassificate di recente, e con interviste a testimoni, storici ed esperti. Whoopi Goldberg e Donald Sutherland sono le voci narranti.

"Quando il presidente fu ucciso, voleva la distensione con l’Urss: JFK stava facendo scelte scomode per troppi", dice Stone. "Molti documenti finora segreti sarebbero dovuti essere messi a disposizione del pubblico: Trump ne ha annunciato la pubblicazione, ma di fatto solo una piccola parte di quei documenti è accessibile". Così, il documentario realizzato da Stone con lo scrittore James DiEugenio si compone più di domande che di risposte. Raccontato, però, con la mano del regista di talento, con stile, adrenalina, colpi di scena.

Ma ci sono molti Oliver Stone. Quello che attacca gli Stati Uniti, quello che attacca la Cia, quello che ha fatto i documentari su Chavez e su Fidel Castro. Quello sedotto da Vladimir Putin, al quale ha dedicato The Putin Interviews, una miniserie tv di quattro ore: i due si sono piaciuti, al punto che, lo scorso anno, Stone ha chiesto di poter essere il padrino della figlia del presidente russo. Ma mentre Putin e Stone si piacciono reciprocamente, se sei un avversario di Putin, se sei critico con il suo regime, ti può accadere quello che è accaduto al regista russo Kirill Serebrennikov, autore del film in concorso, ieri, qui a Cannes, Petrov’s Flu. Serebrennikov, voce critica verso Putin, non ha potuto accompagnare il suo film sulla Croisette perché condannato a tre anni di carcere con la condizionale, e con il divieto di lasciare il Paese. Per lui, il direttore del Festival Thierry Fremaux ieri ha lasciato una sedia vuota, mentre gli attori del suo film portano il distintivo "KS", le sue iniziali.

In questi giorni, lo stesso Stone è comunque al centro di una tempesta di critiche. Ha intervistato l’ex presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, per una serie tv di otto ore che è stata definita una "agiografia" che contribuisce al culto della personalità di Nazarbayev. E nel film, Qazaq: History of the Golden Man ("Kazako: storia di un uomo d’oro") Stone usa lo stesso approccio acritico, nel caso di interviste a personaggi discutibili, che lo ha fatto diventare amico di Putin e beniamino dell’ex presidente ucraino Viktor Yanukovych.

A qualunque uomo politico piace sedere accanto al regista di Platoon e accomodarsi l’immagine pubblica, dicono gli accusatori di Stone. "Chiamalo come vuoi, Nazarbayev: dittatore, tiranno, uomo forte", twitta di rimando il regista. "Se lo incontri, scoprirai un uomo modesto, che racconta il declino dell’impero sovietico e la ascesa verso l’indipendenza della sua importante nazione". Ma molti sono convinti che "modesto" non sia l’aggettivo più giusto per descrivere Nazarbayev, oggi ottantunenne, che ha governato il Kazakistan per tre decenni. Uno che ha adottato per sé il nome "elbasy", padre della Nazione.

Giovanni Bogani

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro