Venerdì 26 Aprile 2024

Ho preso un sorso di vita: è il mio amore per Susan Ecco la Emily Dickinson ironica e ribelle

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di Silvio Danese

Solo dalla metà degli anni ‘50, per opera di Thomas Johnson, si incominciò a pubblicare senza censure la raccolta di poesie di Emily Dickinson (1830-1886), che ormai tanti hanno in biblioteca tra un romanzo di Elena Ferrante e un libro di cucina. Descritta come voce lirica del femminile (questa ambigua posizione che sublima e insieme ghettizza) e come signorina nevrotica e sessuofobica, Dickinson scese sulla Terra come poetessa anche dell’amore omoerotico a fine anni ‘90 dopo un’inchiesta del New York Times che impiegò un software per dimostrare a cancellazione testuale del nome di sua cognata Susan, ispiratrice e amante, come emerge da alcune lettere di passione carnale.

Cineasta indipendente e premiata, l’americana Madeleine Olnek, ricostruisce la relazione tra Emily e Susan in chiave di commedia d’ambiente e situazione fuori da certi period drama d’interni soffocanti, con sferzate ironiche contro il costume berbenista e censorio con cui Emily faceva i conti tutti i giorni. E conta molto, a ragione, sulle due interpreti, capaci di vivere un mondo in costume&storia lasciando allo spettatore lucide proiezioni sul presente. Un bel sasso nello stagno del cinema americano seriale e condiscendente.

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