Giovedì 25 Aprile 2024

Bracardi: "Il fascista, il maschilista. Se li facessi oggi mi metterebbero in croce"

A quasi 88 anni è dirompente come mezzo secolo fa. "Ho suonato il piano in mezzo mondo, John Wayne mi autografò i pantaloni "Coi miei personaggi salvai Alto Gradimento. Arbore e Boncompagni erano come fratelli, che delusione finire in tribunale"

Giorgio Bracardi nei panni del gerarca fascista Ermanno Catenacci

Giorgio Bracardi nei panni del gerarca fascista Ermanno Catenacci

ROMA - "Chiappala , chiappala, chiappala. Tiiin tiiin tiiin". È sempre lui: totalmente pazzo, immarcabile, unico, irresistibile, pericoloso. Anche la voce è la stessa, malgrado Giorgio Bracardi viaggi verso gli 88 anni. Smorfie, pernacchie, tic, invenzioni: tutto è rimasto uguale. Dirompente come mezzo secolo fa. L’uomo che ha fatto la storia dell’umorismo alla radio e in televisione, fra Alto Gradimento e Quelli della notte , è un vulcano. Quando si mette al piano non sai cosa succederà. La sua vita è un film in technicolor, che inizia al tempo del bianco e nero.

Bracardi, da dove partiamo? "Dalla mia famiglia a Roma. Da mio padre: negli anni ’30 gestiva il Salone Margherita, che oggi si chiama Bagaglino. Fu lui a lanciare Aldo Fabrizi".

E sua madre? "Insegnava italiano e latino con una bella voce di soprano. Cantava per diletto. In casa c’erano due pianoforti perché eravamo cinque: le mie due sorelle, il primogenito Federico negato per le note, io e Franco. La gente ricorda i baffoni di Franco al piano del Maurizio Costanzo Show ".

Lei era bravo? "Avevo talento. Ma mio padre mi avvisò: Giorgio, per uno che ce la fa cento falliscono. Ero malaticcio e coccolato. Ma avevo passione: mollai ragioneria di cui non capivo una beata mazza per entrare nello spettacolo".

Come e dove? "Finito il militare, nel ‘59 sono emigrato in Australia: cercavano un pianista per gli alberghi di una linea aerea interna. Avevo 24 anni, volevo conoscere il mondo e imparare la lingua. Vitto e alloggio e paga buona. Dopo qualche mese mi prese la nostalgia e tornai a Roma".

Si divertiva? "Da matti. Ormai ero abbastanza conosciuto. La città era magnifica: via Veneto, la dolce vita, Hollywood sul Tevere. Suonavo nei night, facevo i cambi".

I cambi? "Sì, sostituivo il pianista indisponibile. Avevo un repertorio internazionale vastissimo e lo eseguivo in tutte le tonalità, accompagnando qualunque cantante. In più ero resistente. Capirai, i lenti in pista duravano mezz’ora".

Molte donne intorno? "Una marea. Eleganti, profumate, affascinanti. Si appoggiavano al piano con un bicchiere in mano: le guardavo negli occhi, arpeggiavo sui tasti, era fatta".

Per questo non si è sposato? "Non faceva per me, troppe tentazioni. Mi innamoravo ogni volta".

Torniamo alla musica? "Entrai nel complesso dei Flippers. Ci esibivamo nei piano-bar di Capri e Ischia o alla tavernetta del Savoy al Terminillo. Posti alla moda, gran lusso, hotel da favola".

Gran vita eh? "Storie incredibili. Vidi un omone camminare sul porto a Santa Margherita Ligure. Era solo, l’andatura inconfondibile: John Wayne. Credevo di sognare. Aveva lo yacht all’ancora, lo salutai in inglese, parlammo. La sera venne con una compagnia scicchissima nel locale dove lavoravo. Mi fece suonare sette volte As time goes by , la canzone di Casablanca. Poi sganciò una mancia colossale e mi fece l’autografo sui pantaloni bianchi che non lavai per mesi".

Altre avventure? "Andai in tournée in Brasile con il trombettista Nini Rosso. E poi con Jimmy Fontana. Una volta a Mar del Plata stava cantando Il mondo quando un tizio tirò una sassata che lo centrò spaccandogli gli occhiali. Serata sospesa e corsa all’ospedale".

Ma la radio? "Eccoci. In un tour spagnolo scoprii le radio libere. Ero ospite in una trasmissione a Barcellona e tirai fuori Scarpantibus, immaginario uccellaccio preistorico catturato nel deserto del Nicaragua. Suoni gutturali, squittii, rumori: successo strepitoso. L’eco arrivò a Roma".

Così? "Mi chiamarono in una saletta Rai, fine settembre 1970. Due mesi prima alla radio aveva debuttato Alto gradimento , programma di musica condotto da Gianni Boncompagni e Renzo Arbore. Facce tristi, ascolti bassi. Uno mi dice: Bracà, inventate quarcosa o ce fanno chiude. Andai in diretta con Scarpantibus fra un disco e l’altro".

Risultato? "Centralini in tilt e montagne di posta. I bambini mandavano disegni con l’uccellaccio del Nicaragua. Alla fine Jacovitti ne fece un poster".

Scarpantibus aprì una serie infinita di personaggi. "Il candido reporter Max Vinella, i dolori del dottor Marsala, il chettefrega del professor Aurelio Marcellini, il ragionier Affastellati del perché non sei venut-ta, il pacco dell’operaio dell’ambulante Solforio. E i tormentoni: in galeraaa!, Patroclo, li pecuri. Tutte mie creature".

Ermanno Catenacci, nostalgico del Duce, fu un idolo. "Da bimbo sono stato figlio della lupa e balilla, assorbendo la retorica del fascismo. Da adulto l’ho ribaltata rendendola una parodia grottesca. Mussolini che attraversava lo Stretto di Messina a nuoto ammazzando una piovra gigantesca è diventato un passaparola di risate. Oggi mi metterebbero in croce".

Inventò anche l’immigrato Malik Maluk? "Il suo motto era: fangàla. Lo scrittore D’Orrico ha detto che avevo anticipato il vaffa day di Grillo".

Il farmacista Spadone? "Urlava: l’uomo è una bestia perché fa i bisogni, la donna è due volte bestia perché ha pure il cervello di una gallina".

Come la presero le femministe? "Mi volevano menare. Vennero all’ingresso Rai di via Asiago, scappai dal retro".

La censura? "Bastava non toccare i preti. I politici non davano problemi".

Finché il caravanserraglio si trasferì in tivù. " Quelli della notte aveva la stessa chiave, però con personaggi in carne e ossa che lasciavano poco spazio all’immaginazione. Certe trovate hanno funzionato, altre meno".

Perché ha litigato con Arbore e Boncompagni? "Siamo stati per quarant’anni gomito a gomito, da fratelli, dividendo la vita dentro e fuori la radio. È stato insopportabile vedere che sono passati come gli autori di Alto gradimento . Il tribunale ristabilirà la verità. Io e Marenco eravamo gli autori del programma quanto loro".

Più bravo lei o Marenco? "Mario era un genio, la follia fatta persona. Aveva un umorismo lunare, inglese. Io sono sanguigno e mediterraneo. Diversi e complementari".

Ha rimpianti? "Qualcuno mi considera un comico di serie C. Rappresento un animale indecifrabile come Scarpantibus. Ma il pubblico ha capito chi sono".

Come vede il suo futuro? "Non sono credente. Ho avuto una bella vita e me la sono goduta. Ahò, mica me la stai a tirà?".

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