Mercoledì 24 Aprile 2024

Era l’epoca dell’Homo eroticus

Matteo Massi

Raccontò che una volta, a Rio de Janeiro, una ragazza l’apostrofò così: "Lando Buzzanca, o macho italiano". E forse proprio in quell’istante Buzzanca capì che non avrebbe potuto fare per sempre il "Merlo maschio". Così l’avevano ribattezzato, subito dopo il film di Pasquale Festa Campanile (1971) che disegnava, una volta per tutte, i contorni di un genere cinematografico: la commedia sexy. Era un’Italia quella lì, in cui tutti dicevano di non votare Dc, ma poi aperte le urne, lo Scudocrociato aveva quasi sempre la maggioranza delle preferenze degli italiani. E in parallelo c’era chi si schermiva se gli chiedevi se avesse visto l’ultimo film di Mariano Laurenti e ti diceva no. Ma poi l’aveva fatto. Era l’Italia che (si) guardava dal buco della serratura e che considerava scarsi gli attori di quella stagione – che sarebbe stata rivalutata da Quentin Tarantino – ma che sotto sotto sognava di essere Lando Buzzanca, il Maschio (con la m maiuscola). Non lui in persona, ma il personaggio che gli aveva creato addosso il regista, con pochissime variazioni sul tema: vita un po’ da sfigato, fisico rivedibile (con la pancia spesso, il naso lungo o storto mai nascosto) che però s’imbatteva nelle nudità dell’attrice sexy di turno. L’homo eroticus. Tanto da ispirare in alcuni casi anche i fumetti. Quei film ora farebbero fatica a imporsi. Ma all’epoca, con il passaggio anche sulle prime tv private, incassavano parecchio. Quell’Italia lì, agli inizi degli anni Settanta, era ancora permeata da un perbenismo che non permetteva di dire pubblicamente cosa si sognava (o si faceva) nel privato. Buzzanca diventò icona di genere. Ma rimase anche ostaggio del personaggio.

Che non poteva essere ripetuto all’infinito.

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